A dura prova

Shock per l'assassinio del carabiniere Donato Fezzuoglio, ucciso da rapinatori lunedì pomeriggio. Una violenza inaspettata

Una vetrina sfondata con un ‘gippone’ usato come ariete, un giovane carabiniere di appena ventinove anni, Donato Fezzuoglio, colpito a morte dai colpi sparati da un kalashnikov imbracciato senza scrupoli e con preoccupante cinismo, ‘pallottole’ vaganti e mirate che feriscono cittadini inermi, minuti di terrore in una realtà abituata a confrontarsi con i ritmi tranquilli e sereni della provincia. Dove tutto è ancora a misura d’uomo, dove il rispetto è norma di vita, i rapporti impostati sull’educazione e sulla cordialità. Cinque minuti di fuoco quelli vissuti ad Umbertide nel primo pomeriggio del 30 gennaio, una data destinata ad essere sottolineata d’ora in poi dal rosso del sangue di un ‘ragazzo’, ugualmente orgoglioso della divisa indossata per scelta e della famiglia messa su da appena pochi anni. Cinque minuti che in molti hanno creduto parte integrante del ‘copione’ della fiction televisiva Don Matteo, alcuni episodi della quale si stavano girando all’interno della stazione ferroviaria. Cinque minuti che hanno invece sconvolto una città, una regione, un territorio. Il parroco della chiesa di Cristo Risorto, don Luigi Lupini, uno che conosce bene Umbertide e la sua gente, si fa interprete dei sentimenti che attraversano la popolazione. ‘Lo sconcerto è assoluto, al pari del dolore che ha colpito una famiglia che fa parte della nostra parrocchia – sottolinea don Lupini -. Donato ed Emanuela erano una bella coppia che guardava in avanti con fiducia e grande serenità. Persone limpide e pulite: bastava osservarle appena per capirle. Gente semplice che la nascita del primogenito aveva reso ancora più felici e serene. Appena l’otto gennaio ho battezzato il loro Michele, che in questi giorni ha compiuto sei mesi. Una tragedia per la quale non ci sono parole’. Fruga nelle pieghe della memoria ed aggiunge, sotto il peso di un’attualità invadente: ‘Rapine c’erano state altre volte, finalizzate però soltanto ad arraffare denaro. Questa volta no, è diverso. Sono arrivati con le armi, disposti a tutto. Un salto di qualità che preoccupa e sconcerta’. Il giorno dopo il vescovo mons. Mario Ceccobelli si è recato ad Umbertide per portare personalmente il saluto e la solidarietà della Chiesa alla famiglia, soffermandosi a parlare sia con la giovanissima moglie che con la madre che hanno nella fede convinta una risorsa importante e preziosa. Sono ‘distrutte nel loro dolore – ha notato mons. Ceccobelli – con i perché che si inseguono in continuazione. Mi ha fatto particolarmente impressione la moglie, che il dolore fa sembrare addirittura una bambina. Sono momenti difficili che hanno alleati nel silenzio e nella preghiera’. Poiché le prime voci ipotizzano extracomunitari come possibili protagonisti, inevitabile il riferimento al rapporto di Umbertide con il mondo della immigrazione. ‘Umbertide è terra di frontiera ‘ ammette il parroco don Luigi ‘ ma la fase della emergenza è stata ormai superata. C’è un clima di grossa solidarietà; Caritas e Comune hanno contribuito ad assorbire la fase dell’emergenza, avviando quella dell’integrazione. Una strada delicata, favorita però dalla disponibilità della gente’. Una disponibilità messa nella circostanza a dura prova. ‘Non ci sono situazioni di tensione’ conclude don Lupini alludendo alla convivenza tra etnie diverse. Un episodio isolato, ma devastante nel suo impatto non solo sulla comunità umbertidese. Archiviarlo non sarà sicuramente facile.

AUTORE: Giampiero Bedini