A Foligno la situazione è buona ma c’è molto da fare ancora ovunque

A proposito di archivi e biblioteche ecclesiastiche

Su La Voce di venerdì 10 agosto 2001 è apparso un articolo a firma di don Remo Serafini dal titolo Dall’incuria il maggior danno ad archivi e biblioteche ecclesiastici. Don Remo, prendendo lo spunto dal furto verificatosi ai danni della biblioteca ecclesiastica di Narni, denuncia lo stato pietoso e di abbandono in cui ha trovato gli archivi e le biblioteche diocesane e parrocchiali di Città della Pieve. Don Remo non parla per sentito dire. Egli, che si firma Archivista della ex diocesi di Città della Pieve, parla per esperienza diretta. Sono d’accordo con quanto scrive mons. Gino Reali. Leggendo l’articolo mi è venuta in mente la mia esperienza ventennale in cui ho anche riordinato l’Archivio diocesano di Città della Pieve. E’ vero che è grave lo scempio operato dai ladri, ma credo che sia più grave lo scempio subito dagli archivi e dai beni culturali in genere per l’incuria e la noncuranza dei parroci. Non tutti certo, ma purtroppo la maggioranza. E, se permettete, ora parto dagli esempi vissuti per esperienza diretta. La descrizione che don Remo fa è lacrimevole, in alcuni casi tragica. Più lacrimevole è la conclusione dell’articolo. Sono convinto che molti beni culturali sono andati deteriorando e scomparendo per l’incuria e la scarsa sensibilità dei preti. Quante volte mi sono sentito dire, tra lo scherzo e il serio “Hai tempo da perdere?” “Ma chi te lo fa fare?” “Ma lo devi fare proprio te?”; sono i ritornelli che sento ronzare nelle orecchie di tanto in tanto. Il che significa che c’è il pericolo, tutt’altro che ipotetico che, venendo a mancare don Remo, si ricada nella trascuratezza e nell’incuria che hanno dominato fino a ieri. La situazione descritta e denunciata da don Remo è generale o solo eccezionale per Città della Pieve? Per quanto attiene alla mia esperienza diretta, cioè la diocesi di Foligno, posso dire che la situazione non si presenta nelle condizioni disastrose descritte da don Remo per Città della Pieve. Abbiamo una biblioteca diocesana (la Jacobilli) e un archivio capitolare bene ordinati, dotati di uno schedario per autori (la biblioteca) e di un inventario (l’archivio) e aperti al pubblico. L’archivio storico diocesano, ancora non è risorto dalle condizioni pietose nelle quali fu ridotto dal bombardamento aereo del 1944; comunque ha una sede dignitosa che lo tiene al riparo dalle manomissioni e dalle intemperie e infine, da qualche anno, con la collaborazione della Soprintendenza dell’Umbria, è iniziata l’opera di riordinamento del medesimo, che si spera di portare a termine tra non molto. Quanto agli archivi parrocchiali non mi risulta che ce ne siano alcuni devastati dalla polvere, dall’umidità, dai topi e dalle scorribande di ragazzi indisciplinati che fanno a calci con malcapitate filze di documenti. E pensare che Foligno fu colpita da ripetuti bombardamenti durante l’ultima guerra e fu visitata dal terremoto del 1997. Non conosco in quale stato si trovino gli archivi e le biblioteche delle altre diocesi umbre; per quel poco che ne so, più o meno vanno come a Foligno. Dunque nel migliore dei modi? Questo non lo direi. La Chiesa italiana – quella umbra non fa eccezione – ha prodotto nel corso dei secoli una mole enorme di beni culturali. Nonostante le gravi perdite prodotte dal tempo e dall’incuria, nonostante le manomissioni e le ruberie operate negli ultimi due secoli dai governi anticlericali, la Chiesa possiede ancora e gestisce un grande patrimonio di beni culturali: libri, documenti e opere d’arte. E’ una ricchezza gloriosa, ma è anche una grave responsabilità. Una gestione saggia ed oculata dei beni culturali richiede la difesa e la salvaguardia da tutti i fattori che incidono sulla loro esistenza ed integrità quali sono la polvere, l’umidità, le muffe e soprattutto i ladri che possono essere anche in guanti bianchi; richiede una inventariazione esatta ed esaustiva dei singoli beni; richiede un’opera di restauro nel caso che questi beni si trovino in uno stato di incipiente o avanzato deterioramento. Infine i beni culturali vanno messi, possibilmente, a disposizione del pubblico. Il discorso si allarga e diventa molto impegnativo. Si tratta di creare archivi, biblioteche e musei; non è una cosa semplice. Esaminiamo il caso degli archivi e delle biblioteche, giacché di esse tratta l’articolo di don Remo. Una diocesi ha un ricco patrimonio archivistico e bibliografico; l’uno e l’altro è ben custodito ed ordinato. Vuole aprirlo al pubblico, renderlo fruibile agli studiosi? L’intenzione è ottima; bisogna vedere se essa è realizzabile, quali sono gli impedimenti e gli ostacoli che si frappongono e come superarli. Aprire al pubblico un archivio e una biblioteca richiede anzitutto un locale dignitoso, facilmente accessibile, bene illuminato e riscaldato d’inverno, fornito di tavoli e seggiole per leggere e scrivere: è la sala di lettura. Nella sala di lettura ci devono essere gli strumenti indispensabili per rendersi conto rapidamente se nell’archivio e nella biblioteca esiste una certa documentazione o un certo libro e averlo a disposizione con sollecitudine. E’ poi indispensabile per il retto funzionamento di un archivio e di una biblioteca la presenza di un direttore (archivista e bibliotecario) coadiuvato da qualche inserviente che provveda al servizio dei lettori. Archivista e bibliotecario devono essere professionalmente preparati, quindi che abbiano seguito – o quanto prima seguiranno – un corso di biblioteconomia (il bibliotecario) e un corso di paleografia, diplomatica e archivistica (l’archivista). Stiamo parlando di biblioteche e di archivi aperti al pubblico. E’ indispensabile stabilire un orario di apertura, il quale deve essere rigorosamente rispettato, e un minimo di norme alle quali i lettori devono attenersi. Il personale addetto alla biblioteca e all’archivio devono essere presenti nelle ore di apertura sia per prestare ai lettori l’aiuto, la guida, i consigli dei quali eventualmente abbisognassero, sia per controllare il comportamento dei frequentatori. Abbiamo tracciato le linee essenziali, il minimo necessario perché un patrimonio documentario e bibliografico sia conservato, arricchito, tenuto in ordine ed offerto alla pubblica fruizione. Tutto questo comporta un costo e i costi oggi, quando si tratta di usare un personale specializzato con un orario di lavoro determinato e da osservarsi scrupolosamente; quando bisogna avere a disposizione degli spazi non solo sufficienti, ma dignitosi e accoglienti; quando è necessario dotare un archivio e una biblioteca di strumenti di lavoro sempre più indispensabili: tutto questo ha un costo non indifferente ed è un costo permanente che si ripresenta ogni anno. Qui si vede se c’è la volontà sincera di rendere accessibile un archivio e una biblioteca o se è solo velleitarismo più o meno innocente. Nel bilancio di una diocesi bisogna aprire un nuovo capitolo: archivi e biblioteche. Ma, si dirà, la diocesi è piccola, i mezzi a disposizione sono scarsi; se non si può e non si vuole destinare alla biblioteca e all’archivio le somme necessarie, essi non si aprono. Tuttavia prima di venire a questa decisione il mio consiglio è di pensarci bene e di essere coraggiosi. Don Remo nel suo articolo per due volte punta il dito contro i parroci e contro i preti e ha ragione. Ma al di sopra dei preti e dei parroci c’è l’autorità diocesana, l’ordinario diocesano e la sua curia. Da qui devono venire le direttive e gli impulsi, qui devono essere prese le decisioni e controllarne l’attuazione. A questo livello mi sembra di notare nelle diocesi umbre una buona dose di carenza. Più che una vera volontà mi sembra di notare molto velleitarismo. Manca una volontà politica a riguardo della gestione dei beni culturali, nel caso specifico degli archivi e delle biblioteche ecclesiastiche. Mons. Reali e don Remo hanno aperto la discussione su un argomento che ritengo importante; il sottoscritto ha aggiunto la sua esperienza e i suoi punti di vista. Vorrei che anche altri facessero sentire la loro voce e apportassero il contributo della loro esperienza.

AUTORE: Don Francesco Conti