Abbiamo cominciato!

Mons. Scanavino fa il bilancio di tre mesi di episcopato. Tra le urgenze le vocazioni sacerdotali e un piano pastorale con al centro la diffusione della Parola e dell'Eucarestia

Questa è la prima Pasqua di mons. Giovanni Scanavino come vescovo della diocesi di Orvieto-Todi. Cogliendo l’occasione per fargli i nostri auguri, abbiamo pensato di rivolgergli qualche domanda su questi suoi primi mesi di episcopato. Cosa può dire in un rapido bilancio, di questo suo primo periodo di episcopato? “Non è stato facile rendermi conto che cosa significa essere vescovo, ma un primo rapido bilancio mi sembra decisamente positivo. Non per quello che ho potuto fare, ma per la sincera calorosa accoglienza di tutti. Non mi sono sbagliato a parlare di giardino: ho trovato la possibilità di qualche spina, ma tanti tantissimi fiori, a cominciare proprio dagli affettuosissimi sacerdoti, per non dimenticare i tantissimi fedeli – giovani e anziani – che mi hanno dimostrato tutta la loro gioia. È solo l’inizio? Intanto è bello”. Quali sono le “urgenze” che la diocesi le ha manifestato in questo periodo? “Due programmazioni, che – credo – fanno parte del recente Sinodo diocesano. La prima riguarda le vocazioni soprattutto sacerdotali. Ci dobbiamo muovere con tutta la responsabilità di cui siamo capaci, perché la grazia del Signore faccia il resto. La seconda riguarda un piano pastorale più semplice e univoco che abbia al centro la diffusione della Parola e dell’Eucaristia. Può sembrare tutto scontato, ma non lo è affatto. Sta proprio qui il segreto della ripresa della famiglia, che sta così a cuore ad ogni istituzione. Come Chiesa non possiamo rinunciare alla nostra più vera e feconda identità”. Sappiamo che lei ha già incontrato moltissime persone, comunità parrocchiali e gruppi ecclesiali. Che impressione ne ha riportato? “Ho incontrato molta parte della diocesi. Non è solo questione di impressioni. Sono veramente fortunato ad aver trovato una grande ricchezza umana, in persone, gruppi ecclesiali e comunità parrocchiali. Dovrei convincere di più tutti a credere in questa ricchezza e a valorizzarla nel recupero della semplicità essenziale. Possiamo veramente ripartire da ciò che ci unisce e che è tantissimo. Devo proprio ringraziare chi ha lavorato finora con grande serietà e con uno spirito di unità che non avrei creduto. Mi è tutto più facile e piacevole”. Queste parole sono sue: “Sono venuto in questa Diocesi per i sacerdoti e per i giovani”. Che cosa conta di fare per loro? “Che cosa conto di fare per i sacerdoti e per i giovani? I sacerdoti – mi è stato precisato fin dall’inizio – sono tutto per un vescovo. Desidero impararlo meglio e incominciare presto a lavorare con la massima collegialità. La mia formazione non è “secolare”, perciò chiedo tanta pazienza. Ma non ho dubbi sulla precisa volontà di condividere e sostenere. Mi è più facile essere fratello che padre, ma posso sempre ancora provarci. Per i giovani vorrei fare tutto e ancora di più. Per fortuna in più occasioni ci siamo già capiti, e non è poco. Spero di continuare il dialogo con la stessa sincerità. Vorrei che fossero proprio loro i nostri primi missionari itineranti”. Dove trae la forza per affrontare questo grande lavoro pastorale che porta avanti? “Dove traggo la forza? Ma se mi dicono che sono sempre stanco! A parte gli scherzi, sarebbe meglio girare la domanda alle carissime monache di clausura della nostra diocesi e di tante altre parti, o alle numerosissime suore che pregano proprio per questo. Intorno alla stessa Parola ed Eucaristia ci si dà forza a vicenda”. Infine, quale augurio vuol fare, in occasione della Santa Pasqua, ai lettori de “La Voce” ed in particolare a quelli della sua Diocesi? “Gli auguri in occasione di questa prima Pasqua li prendo da un grande Maestro: ‘Che sappiamo riflettere su ciò che abbiamo ricevuto nella nostra prima Pasqua; che sappiamo pensare a ciò che riceveremo ancora; che desideriamo riceverlo ogni giorno!” (S. Agostino, Discorso pasquale 272, 1)”.

AUTORE: Francesca Carnevalini