Adesso si ha paura che l’acqua “ritorni”

Tra le ditte che hanno partecipato ai lavori ce ne sarebbero alcune coinvolte in indagini per altre opere pubbliche ai tempi di Tangentopoli

La diga di Montedoglio, uno dei bacini idrici più importanti dell’Italia, è stata costruita a regola d’arte ed ha tutti i requisiti della sicurezza? Dopo lo svuotamento per la falla sul canale di scarico, ci sarà acqua sufficiente nella prossima estate per l’irrigazione e gli altri usi per i quali l’opera era stata progettata negli anni Settanta? Sono gli interrogativi che si pongono cittadini ed amministratori pubblici di Umbria e Toscana dopo che la sera del 29 dicembre scorso la pressione dell’acqua ha sfondato tre blocchi di cemento provocando una piena improvvisa ed imprevista del Tevere. Così, 450 persone, soprattutto nei Comuni di Anghiari e Sansepolcro, hanno dovuto lasciare le case in via precauzionale. Tanta la paura degli abitanti lungo tutto il corso del fiume, soprattutto a Città di Castello e nell’Alta Valle del Tevere, con l’acqua che ha allagato campi appena seminati. Il crollo è avvenuto mentre i tecnici dell’Ente irriguo umbro-toscano (Eiut) stavano ultimando un collaudo per portare l’acqua al massimo livello nell’invaso inaugurato nel 1990. Sono 150 milioni di metri cubi la cui pressione ha rotto tre “conci”, cioè tre enormi blocchi verticali di cemento armato (ciascuno è alto 15 metri e largo 10), che insieme ad altri formano una barriera sul lato del canale scolmatore, aprendo il grande varco che ha causato l’alluvione. Ci sono voluti 20 anni per completare lo riempimento della diga, riuscito grazie anche alle piogge particolarmente abbondanti degli ultimi mesi. Una riserva d’acqua per l’irrigazione, per rifornire gli acquedotti e che ha anche la funzione di regolare il regime del Tevere in caso di piene. Ma cosa ha determinato la rottura della grande barriera di cemento e, soprattutto, c’è il pericolo che l’evento possa ripetersi? La procura di Arezzo ha aperto un fascicolo nel quale si ipotizza il reato di disastro colposo nei confronti di ignoti. La magistratura sta facendo acquisire documenti negli uffici della diga e in quelli dell’Ente irriguo umbro-toscano. In particolare quelli relativi alla progettazione iniziale dell’invaso e le foto scattate durante la costruzione delle paratie e della preparazione del calcestruzzo. Tra le ditte che hanno partecipato ai lavori ce ne sarebbero alcune coinvolte in indagini per altre opere pubbliche ai tempi di Tangentopoli. Torna così in mente quanto accaduto a L’Aquila dove si sono sbriciolati pilastri di calcestruzzo con più sabbia che cemento. Cause ed eventuali responsabilità che dovranno essere chiariti dagli inquirenti. I presidenti delle Regioni Umbria e Toscana, Catiuscia Marini ed Enrico Rossi, hanno scritto ai ministri per le Politiche agricole, Giancarlo Galan, e delle Infrastrutture, Altero Matteoli, chiedendo loro un incontro per “discutere degli aspetti finanziari e procedurali relativi al ripristino del pieno funzionamento dell’invaso, che svolge un compito insostituibile per la laminazione delle piene finalizzata alla salvaguardia dei territori a valle, per l’approvvigionamento idropotabile in tre province umbro-toscane e per l’uso irriguo di un vasto comprensorio agricolo”. I due Presidenti evidenziano “l’urgenza della riparazione per ritornare in tempi rapidi alle quote di invaso consentite. Si aggiunge – prosegue la lettera di Marini e Rossi – che l’evento ha creato particolare preoccupazione alla popolazione locale, così da suggerire il coinvolgimento delle istituzioni locali, provinciali e regionali nel monitoraggio e sorveglianza dell’infrastruttura”. Facendosi interpreti dei timori delle popolazioni, i sindaci di Citerna e San Giustino, Giuliana Falaschi e Fabio Buschi, hanno chiesto l’installazione nel loro territorio di una centralina di monitoraggio per controllare costantemente il livello del fiume. La Coldirettti di Perugia ed Arezzo e la Cia dell’Umbria denunciano che le aziende agricole dell’Altotevere hanno avuto i campi completamente sommersi dai milioni di metri cubi di acqua, con ingenti danni anche alle opere idraulico-agrarie. Il timore maggiore degli agricoltori riguarda però la possibiltà di utilizzare nella prossima stagione estiva l’acqua per irrigare il tabacco e le altre colture agricole. Gli 80 milioni di metri cubi di acqua previsti nell’invaso entro l’estate, “saranno sufficienti a far fronte alla totalità dei servizi a cui l’invaso è chiamato a far fronte anche nella stagione estiva”, ha assicurato lunedì scorso il direttore dell’Ente irriguo umbro toscano, Diego Zurli, sentito in Audizione in seconda Commissione al Consiglio regionale dell’Umbria.

AUTORE: Enzo Ferrini