Al cuore del Mistero

La Pasqua tra liturgia e devozione

Si avvicina la Settimana santa, cuore dell’anno liturgico, ma anche momento in cui si vivono particolari devozioni popolari. A don Gianni Cavagnoli, docente di Liturgia all’Istituto di liturgia pastorale di Padova, abbiamo chiesto un parere autorevole per discernere con maggior chiarezza tra liturgia e devozioni. Che cos’è liturgia, e cosa sono le devozioni popolari?’Distinguerei tra la celebrazione di quello che anche Benedetto XVI continua a chiamare il Mistero, che è il disegno di Dio che si è realizzato nella storia, e quello che è il suo rivestimento anche popolare e devozionale, che pure occorre. Ma bisogna stare attenti: non si può rivestire un abito se non si va al cuore della realtà, che è rappresentato dal Mistero, quindi da Cristo. Inoltre, il Mistero è nell’oggi della Chiesa e, come dice san Leone Magno, tutta la Chiesa deve rinnovarsi. Nella celebrazione annuale della Pasqua si deve cogliere questo rinnovamento, anche nella storia. La devozione popolare, invece, rievoca alcuni aspetti aneddotici e particolari della Passione, percorrendo la strada del sentimento per ispirare, tramite il ricordo, la pietà e la devozione nei confronti del Signore. D’altra parte, per ispirazione della devozione popolare, l’adorazione e il bacio della croce sono entrati nella liturgia del Venerdì santo. In effetti le due realtà non sono più in contrapposizione, ma in primis va celebrato il Mistero, cioè il disegno di salvezza di Dio che si sviluppa e si attua nella storia attuale attraverso la liturgia. Gli aspetti devozionali, ricondotti a una Cristologia autentica, vorrebbero continuare a sottolineare l’aspetto umano della Passione’.Non c’è il rischio che gli aspetti devozionali predominino?’Purtroppo la partecipazione alla liturgia domenicale è un po’ in calo e ciò comporta che, quando la gente ritorna alle chiese nella Settimana santa, si lascia ancora conquistare dagli aspetti più esteriori, pur senza escludere l’interiorità. Comunque, c’è tanta povertà culturale; la liturgia invece richiede un’iniziazione come quella che la Chiesa italiana sta promuovendo con i ragazzi e i genitori. Se non c’è iniziazione alla liturgia e quindi all’eucaristia, ci si lascia maggiormente prendere da quello che è più facile e accessibile. Non che la liturgia sia difficile: quando parliamo di liturgia, intendiamo la Parola di Dio e la simbolicità dell’eucaristia, che significa riconoscere il Cristo in quella realtà. Se non c’è frequentazione dei misteri, man mano il senso cristologico scompare e lascia il posto più all’antropologia, al fatto umano, al lato sentimentale. Il vecchio adagio: ‘A celebrare si impara celebrando’ vale per tutti, non solo per i sacerdoti’.Come aiutare i fedeli ad avvicinarsi in modo corretto alla liturgia? ‘Come raccomandano anche i Vescovi del Sud, bisognerebbe ‘cristologizzare’, cioè dare contenuto cristiano, alle stesse devozioni popolari per far sì che la contemplazione di Cristo morto apra interrogativi sulla morte, sulla sofferenza, sulla continuità di queste realtà nelle membra sofferenti nell’oggi’. C’è un’esigenza di purificazione? ‘Credo che si stia andando in tale direzione, anche sull’onda dei discorsi di Benedetto XVI della domenica, che mirano molto alla Parola di Dio. È la Parola di Dio che riscatta, anche nella Via crucis, dal particolare macabro del sangue. Non dimentichiamo che la passione di Cristo è frutto della violenza, non della volontà di Dio, che vuole la salvezza. Insomma, Cristo è stato vittima di quella realtà violenta, non ha certo sposato la violenza.’.

AUTORE: Gigliola Alfaro