Al voto, tra concretezza e alti ideali

I cosiddetti temi etici e quelli sociali sono in strettissima connessione, se è vero, come ormai tutti sanno, che sulle famiglie vanno a ricadere tutti i problemi e le contraddizioni della crisi

ELEZIONINo alle ideologie, sì ai principi

C’è il lavoro in primo piano, e le tasse. C’è un diffuso – e crescente – malessere da incertezza: questa volta il numero degli indecisi, che gli ultimi sondaggi pubblicabili hanno ribadito, è il segno di un disagio strutturale. Che gli elettori vogliono esprimere, pur nella consapevolezza della difficoltà nell’orientamento. Per non creare – come pure temono – danni più gravi. Il problema, nonostante tutto, resta dal punto di vista dell’offerta “politica”. D’altra parte i risultati, anche se non saranno, come qualcuno osserva, risolutivi, dovranno dare indicazioni stringenti per andare appunto in direzione di una nuova “offerta”. Per questo serve realismo. Anzi, più esattamente, come aveva detto Benedetto XVI al Sinodo del 2008, bisogna cambiare il nostro concetto di realismo. Una realtà su cui intervenire con concretezza, ma con la consapevolezza di principi e valori di riferimento. È esattamente il contrario dell’ideologia, delle ideologie che vent’anni fa si era detto, dopo il crollo del comunismo, che erano finite, ma restano vive e vegete, sia pure in forme subdole e cangianti. No alle ideologie, dunque, sì ai principi e ai valori come orientamento. Non certo riferimento retorico – come pure si rischia – ma come vincolo di serietà. Diventa sempre più chiaro, allora, quello che costantemente il cardinale Bagnasco ricorda anche in queste settimane di campagna elettorale, che temi etici e sociali stanno insieme. Non è vero che i valori etici, la vita, la famiglia, l’educazione, siano “divisivi” e quelli sociali “unitivi”. In realtà, quelli stanno in piedi e sono esigibili se si basano sulla dignità e la verità sulla persona. Stupisce che proprio di fronte alla difficoltà della crisi si metta particolare enfasi su esigenze e rivendicazioni assolutamente minoritarie, mettendo così in crisi e in discussione la famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e una donna. I cosiddetti temi etici e quelli sociali sono in strettissima connessione, se è vero, come ormai tutti sanno, che sulle famiglie vanno a ricadere tutti i problemi e le contraddizioni della crisi, cosicché crolla il numero dei matrimoni, in una costante contrazione del numero dei figli. C’è, insomma, un serio problema di sostenibilità e di coerenza. Perché la crisi investe tutta la società e non la si può superare se non affermando un punto di vista che tenga insieme tutte le dimensioni della persona; mettendo fuori gioco non solo la vecchia ideologia marxista, ma anche quella più moderna di un radicalismo che nasconde nell’assolutismo del relativo e del soggettivo la disperante realtà di una speculazione di brevissimo periodo e a tutto campo. E dunque, una ormai assodata incapacità di tenere insieme e orientare al futuro le nostre società. Sono tanti gli indecisi, perché gli italiani non si fidano: ci sono troppe tasche sfacciatamente piene, di fronte a troppe vuote o svuotate dalla crisi, ha ricordato il presidente della Cei parlando al Movimento cristiano lavoratori. Non va bene, non è sostenibile. Reclama una politica di giustizia, ma prima di tutto quell’orizzonte ampio e coerente di principi che solo può renderla credibile ed efficace.

Fuga no, partecipazione sì

Un fatto storico, la rinuncia di Benedetto XVI, più che oscurare, ha riportato la campagna elettorale italiana nei suoi giusti limiti. E alla reale posta in gioco di queste elezioni. Che si può ricondurre alla necessità di ben governare la prolungata emergenza che la recessione in corso mette in evidenza. Ecco allora semplicemente tre punti tra loro connessi, il lavoro, la famiglia, le istituzioni: sono le tre priorità che richiedono sollecitamente di operare, per venire incontro alle reali necessità del Paese. E rispondere così alla questione che il cardinale Angelo Bagnasco, con franco realismo, aveva posto a gennaio: “Il prossimo vaglio elettorale ci renderà più o meno poveri?”.

Ove povertà non è soltanto quella dei conti, ma più in generale quella del nostro bene comune.

No allora allo scoraggiamento e alla fuga nell’astensionismo, sì alla partecipazione responsabile. “Per questo merita superare allergie e insoddisfazioni, anche profonde: la diserzione dalle urne è un segnale di cortissimo respiro”, aveva detto il presidente della Cei. E ancora: “Non bisogna cedere alla delusione, tanto meno alla ritorsione: non sarebbe saggio e, soprattutto, sarebbe dannoso per la democrazia”.

In realtà sembra che l’astensione stia rifluendo verso percentuali fisiologiche, mentre sembra molto alto ancora il numero degli indecisi. Oltre che l’oggettiva gravità delle scelte e delle sfide che ci stanno di fronte, questo significa che l’offerta politica e soprattutto il sistema elettorale continuano a non essere adeguati.

Forse questo è l’insegnamento di una campagna elettorale iper-televisiva, che della televisione riprende modalità e linguaggi, con i tempi sincopati, miscelando e sovrapponendo informazione e spettacolo.

Proprio per questo è necessario attivare (o riattivare), in corrispondenza dell’appello alle urne, il circuito della partecipazione. Che ha (almeno) due tempi. Il primo è semplicemente quello del voto. Ma ciò che conta è quello che viene dopo. La partecipazione infatti deve continuare, in forme nuove, originali e adeguate, con tutti i mezzi che una democrazia radicata e matura offre, perché su questi due nodi, le forme e la qualità dell’offerta politica e le regole istituzionali, si operi il necessario adeguamento e rinnovamento.

Probabilmente qui l’iniziativa dei cattolici dovrà continuare a esercitarsi con serietà e capacità innovativa: “Partecipare è dovere irrevocabile, specie se si pretende di inserire questa prossima scelta in un quadro più maturo che coinvolga nei debiti modi l’intera vita civile”.

C’è una forte istanza popolare di rinnovamento, di pulizia, di serietà, di coerenza, che attraversa l’appuntamento elettorale. I tanti ancora indecisi, o che rischiano di indirizzarsi alla protesta, dimostrano che questo è il vero nodo.

Oltre a relativizzare, nel senso di riportare alle giuste proporzioni, l’appuntamento elettorale, la storica decisione di Benedetto XVI, le sue parole, i suoi gesti, i suoi incontri degli ultimi giorni di pontificato, ci dicono del ruolo e della vocazione dell’Italia, a partire da Roma. Un po’ di orgoglio nazionale, che diventa inevitabilmente impegno e monito, per tutti.

AUTORE: Francesco Bonini