Alle nozze di mio “figlio” Umberto

Eh sì! devo proprio confessarlo: ho un “bambino”… anzi! ho anche “alcune mogli” che mi aiutano con lui… Quando dalla redazione de La Voce mi è arrivata la richiesta di un articolo sulla Chiesa/parrocchLuca-don-Lepriia “volto di misericordia” non sapevo bene di cosa parlare. Ora che, a mente fredda, ripercorro le tante vicende di questi diciotto anni di ministero, penso sia utile parlarvi di Umberto. Sì, Umberto. È così che si chiama. Ero un “pretino” di 25 anni che, con la sua borsa piena di ricordini pasquali e acqua santa, faceva la sua visita alle famiglie tra le vie della cara Padule di Gubbio.

Sopra l’ufficio postale, in uno dei pochi condomini del paese, suono a un portone. Mi apre un uomo con la barba incolta e la sigaretta in bocca. Cerco di entrare, ma non riesco. C’era una cortina di fumo così densa e spessa che non si vedeva a più di cinquanta centimetri. Prendo aria sul pianerottolo delle scale e… via! Arrivo al balcone, il solo luogo con un po’ d’aria respirabile.

Umberto, malato mentale, viveva da tre anni in quell’appartamento senza mai aver aperto una finestra. Lì dentro, per tutti quegli anni, aveva fumato 3-4 pacchetti di sigarette al giorno.

Da quando il padre era morto – e la badante, ovviamente, era andata via – lui viveva da solo. Aveva capito che bisognava pagare le bollette “più importanti”: acqua, luce e gas, alla posta sottostante; e che per mangiare bisognava comprare “il formaggio”.

Guardandomi intorno, fu facile capire che la situazione era grave… Il giorno dopo ero lì con alcune donne della Caritas e alcuni bravi animatori del dopocresima. E con scopa e strofinacci (sinceramente, alcuni di noi con cazzuola e secchiello) abbiamo ripulito casa. Almeno per quello che si poteva. Ho contattato le due sorelle, che vivevano in Nord Italia e, insieme, si è deciso di vendere casa e di cercare per Umberto una struttura protetta in zona. E dato che noi della parrocchia eravamo “in zona”, a noi è toccato gestire il tutto.

Alcune brave signore mi hanno aiutato, altre ancora mi aiutano: riscuotono la sua pensione, pagano la retta, gli portano la “paghetta” settimanale… ah già! Non ho ancora detto dove è andato a vivere: alla casa di riposo “Mosca” in piazza Bosone a Gubbio. La storia non finisce qui. In quella struttura protetta è avvenuto quello che non ci si poteva aspettare, o forse neanche immaginare: il nostro Umberto si è innamorato. Sì, veramente innamorato! Anzi – per dirla tutta – si sono reciprocamente innamorati.

Lui, Umberto, del 1947, e lei, Anna, del 1944. La cara suor Patrizia li ha preparati al matrimonio e io, nel salone solenne addobbato a festa, ho benedetto le nozze. Che festa! Tutti – ma proprio tutti – hanno fatto qualcosa: il fotografo è venuto gratis, i vari fornitori della struttura hanno donato gratuitamente le leccornie per la festa, fratelli e sorelle, con rispettivi nipoti, sono accorsi; eravamo un centinaio a far festa con loro! La Direzione della casa di riposo, poi, ha allestito una camera tutta per loro con letto matrimoniale e bagno… e, per concludere, gli inservienti della struttura hanno preso le ferie a turno e li hanno accompagnati (e accuditi) durante il viaggio di nozze a Cattolica. Era il 10 giugno 2006. Oggi Umberto e Anna, con qualche anno e acciacco in più, sono ancora la coppia più bella della casa di riposo Mosca. Un grazie di vero cuore a Bruna Biancarelli dell’Unitalsi di Gubbio, a Silvana Dragoni e Marina Mosca della caritas di Padule.

Don Marco Lepri

parroco di Cristo Risorto Umbertide