Assemblea nazionale del Cammino Sinodale.
«Nessuno si aspettava il movimento sismico che lo Spirito avrebbe provocato».
A colloquio con Don Calogero Di Leo, uno dei 38 ‘facilitatori’ dei gruppi di lavoro

Don Calogero Di Leo (a destra) accanto all’arcivescovo Ivan Maffeis, nell’Aula Paolo VI, in Vaticano
Appena il tempo di riprendere fiato, dopo le quattro intense giornate romane dell’Assemblea nazionale del Cammino sinodale della Chiesa italiana (La mozione votata dall’Assemblea – Cammino Sinodale delle chiese in Italia ), tenutasi in Vaticano, dal 31 marzo al 3 aprile, don Calogero Di Leo ha rilasciato un’intervista a La Voce che proponiamo ai lettori questo fine settimana. Si tratta di uno dei 38 ‘facilitatori’ dei gruppi di lavoro di questa importante assise ecclesiale, nonché parroco, direttore dell’Ufficio catechistico e referente diocesano per questo Cammino nella Chiesa di Perugia-Città della Pieve.
Quest’Assemblea nazionale, lo ricordiamo, è un evento che ha visto più di un migliaio di delegati provenienti da oltre 200 diocesi italiane (168 vescovi, 7 cardinali, 252 sacerdoti, 34 religiosi, 17 diaconi, 530 laici di cui 253 uomini e 277), a cui il nostro settimanale ha dedicato una pagina nel numero di oggi in edicola (Assemblea sinodale: documento finale rinviato a ottobre – LaVoce).
Don Calogero, quest’Assemblea nazionale è stata non poco vivace… Questo dimostra che è vivo il sentimento di sinodalità nella Chiesa italiana?
«La seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia (la prima si è tenuta lo scorso autunno, n.d.r.) si è aperta con una affermazione quanto mai profetica da parte dell’arcivescovo Erio Castellucci: “La Chiesa è viva”. Affermazione corrispondente alla realtà, come un fil rouge di tutti i momenti dell’evento sinodale celebrato a Roma.
Una Chiesa viva che è arrivata all’evento romano dopo quattro anni di lavoro fatto di confronto, di dialogo vivace ma intenso, di notti insonni nello studiare i documenti, di speranze, di lacrime e di gioia.
Se la caratteristica della Chiesa è la vivacità, quello dello Spirito è stata la «sorpresa». Infatti nessuno si aspettava il movimento sismico che lo Spirito avrebbe provocato, sia in Assemblea che nei gruppi di lavoro, attorno al testo delle “Proposizioni” che è stato considerato insufficiente, rispetto alla ricchezza di contenuti emersi nel percorso sinodale, fatti confluire nei due testi precedenti quali: i “Lineamenti” e lo “Strumento di Lavoro”
La vita buona del Vangelo
La Chiesa umbra cosa porta a casa dopo i 4 giorni assembleari romani?
«Certamente l’aver vissuto un grande evento di Chiesa fatto di amicizie, incontri, dialoghi, preghiere, confronti a volte anche accesi. Ad esempio io sono stato uno dei 38 ‘facilitatori’ che hanno moderato i gruppi di lavoro composto da Vescovi, preti e laici.
Ci sono stati confronti abbastanza animati, nel mio c’era anche il noto teologo arcivescovo Bruno Forte, ma al di là delle personali caratteristiche, esperienze e visioni su come dovrebbe essere la Chiesa, ho potuto sperimentare un grande amore ad essa. Eravamo quasi mille delegati, ma con un comune denominatore: l’amore a Gesù e il desiderio di farlo conoscere tramite il Suo Corpo ecclesiale. Ogni delegato era animato dall’intento di trovare nuove vie per far sperimentare ad ogni uomo e donna di oggi, la vita buona del Vangelo».
All’Assemblea nazionale un documento molto scarno e troppo sintetico
La sua impressione sul documento dibattuto?
«Anche io ho potuto constatare quando dalla Segreteria nazionale mi è arrivato «sotto embargo» il testo, che era mancante di tutta quella ricchezza ecclesiologica e profetica che era presente nei due documenti precedenti.
Era un documento molto scarno, troppo sintetico. Certamente nessuno prevedeva quello che sarebbe successo durante i lavori sinodali, che lo Spirito ha parlato tramite il “santo Popolo di Dio in credendo”, ma anche tramite i pastori che hanno saputo leggere i “segni dei tempi” con un sano realismo e umiltà, annunciando che il cammino di discernimento profetico continua per i mesi a venire. Quindi, siamo ancora in Cammino verso una meta non ancora raggiunta, ma questo rende la vita ecclesiale una fantastica avventura “perché la gioia sia piena”».
Due papi chiamati nella sofferenza a guidare la Chiesa nel nuovo millennio
In quei giorni, in Vaticano, non si poteva non pensare anche ai due papi accomunati dalla sofferenza: Francesco, da poco dimesso dal Gemelli; Giovanni Paolo II a 20 anni dalla sua morte avvenuta il 2 aprile 2005…
«L’assenza fisica – non spirituale – di papa Francesco è stata avvertita come uno stimolo a fare del nostro meglio, in quanto eravamo sicuri che il Santo Padre ci avrebbe sostenuto con la sua preghiera e con la sua sofferenza, ciò è stato un valore aggiunto, soprattutto nei momenti di preghiera quale la celebrazione eucaristica e il pellegrinaggio alla Porta Santa.
La mente mi è andata al famoso “Angelus” di Giovanni Paolo II quando nel pieno della sua malattia disse che era chiamato a guidare la Chiesa nel nuovo millennio attraverso la sofferenza. Dop 20 anni un altro Pontefice è chiamato nel fare entrare la Chiesa nel terzo millennio, attraverso la sofferenza».
Riccardo Liguori