Campi in Albania: non solo lavoro ma anche riflessione

Quattro turni nei mesi estivi composti da tre gruppi parrocchiali

Bilancio più che positivo per i dieci anni di presenza del settore operativo della Caritas per le emergenze in Italia e all’estero in Albania, con gruppi di lavoro di volontari che si sono susseguiti negli anni nella regione di Lezhe e di Durazzo per la ristrutturazione dell’ospedale cittadino a Shijak e alla qualificazione di una parte del personale medico con stage in Italia; a Gjader per la realizzazione di un centro di formazione femminile e di animazione giovanile; a Durazzo con un progetto per il sostegno linguistico dei profughi; a Torovice, per gestire un gruppo di profughi kossovari e per lo sviluppo dell’intera zona con la costruzione del cento della comunità e ristrutturazione dell’asilo. Queste alcune delle realizzazioni del progetto Albania 2000 che anche quest’anno nei mesi estivi prevede 4 turni di campi di lavoro con tre gruppi parrocchiali (S.Paolo, S.Giovanni Bosco, Nostra Signora di Fatima) e uno misto. Il primo gruppo è partito in luglio e fino a settembre, con alternanza quindicinale degli altri gruppi, composti in media da 13 -14 persone, si dedicheranno sia ai lavori manuali per la ristrutturazione di una vecchia gendarmeria, costruita dagli italiani negli anni ’40 e che ospiterà un centro di formazione giovanile a Zeumen nella diocesi di Lezhe, sia all’attività di ogni giorno tra la popolazione, con momenti di preghiera, riflessione e animazione. Proprio i campi di lavoro sono momenti di crescita per le persone che vi partecipato, per le parrocchie e le comunità. Si sono rivelati non solo un luogo di lavoro a vantaggio dei fratelli meno fortunati, ma occasione di riflessione, di confronto, di acquisizione di esperienze tra i componenti i gruppi e con la gente locale, un’esperienza comunitaria ricca di maturazione per tutti. Spesso quello che i gruppi si sono riportati a casa è stato più di quello che hanno portato in Albania. Il principale motivo del successo sta nella testimonianza del Vangelo attraverso la pedagogia dei fatti, che genera una rete di rapporti tra chiese sorelle, fa camminare insieme, fa crescere e maturare. Così, la fatica o il sacrificio di doversi alzare alle 5,30 del mattino per andare a lavorare fino alle 13,00, mangiare tutti insieme quello che altri componenti del gruppo preparano, riposarsi e poi incontrare persone, bambini, comunità assume un valore diverso da quello che può sembrare se la scena si osserva da estranei. Attraverso queste semplici cose si può capire quale è la differenza tra elemosina e carità, tra pietà e compassione. L’elemosina si esaurisce con un gesto, la carità inizia con il donare la propria disponibilità, il proprio tempo; la pietà chiude in se stessi con un sollevare le spalle di fronte alle sofferenze altrui, mentre la compassione fa uscire fuori e agire. ‘Quando qualcuno di noi mette a disposizione il suo essere vivente, cuore, forze ed energie nasce il miracolo della relazione con il prossimo’ affermano alcuni volontari. Da ricordare anche il progetto dell’ospedale della solidarietà che ha consentito a 25 malati affetti da gravi patologie, di essere operati, curati in strutture ospedaliere della regione e di tornare ad avere una normale vita nella loro terra. E il progetto Albania Terzo Millennio continua durante tutto l’anno.

AUTORE: Elisabetta Lomoro