Caritas. L’esperienza a tre anni dalla guerra in Ucraina

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Un gruppo di ucraini di Perugia, con una bandiera dell'Ucraina, davanti al tir di aiuti umanitari raccolti
Il primo tir di aiuti umanitari per gli ucraini poco dopo l'inizio della guerra, raccolti dalla comunità della Chiesa ortodossa ucraina presso la parrocchia di via Caprera, in collaborazione con la Caritas diocesana di Perugia

Don Marco Briziarelli, direttore della Caritas diocesana di Perugia e dallo scorso anno delegato regionale Caritas Umbria, ci racconta la sua esperienza accanto alle famiglie (perlopiù di madri e figli) in fuga dall’Ucraina appena aggredita dalla Russia. “Giornate concitate con migliaia di profughi giunti anche in Umbria caratterizzate dal continuo tan, tan di telefonate tra noi direttori e la Prefettura per capire come muoverci, cosa fare, come metterci a disposizione. È stata una gara di solidarietà che ha visto coinvolti anche privati nel mettere a disposizione le loro abitazioni. Davanti ad una grandissima difficoltà c’è stata, come sempre, una grandissima risposta. Ricordo come se fosse oggi, era il 25 febbraio, quando ricevemmo la prima telefonata di una famiglia ucraina nel tentativo di arrivare in Italia. A questa ne seguirono tante altre”.

Don Marco cosa non dimenticherà mai di questa gente in fuga?

“Gli occhi spaventati dei bambini che avevano difficoltà anche ad accettare una caramella che veniva offerta loro. È stato un anno e mezzo intenso, dove come Caritas diocesane siamo riusciti a dare una risposta che neanche noi pensavamo di poter dare. Accoglienze abitative, sostegni alimentari e sanitari, orientamento per le tante mamme con bambini a muoversi nei nostri territori, inserimenti scolastici e tutto quello che era necessario in quel particolare momento”.

Oggi si vive ancora quell’emergenza?

“Dopo tre anni, come Caritas, non possiamo più parlare di emergenza ucraina, in quanto tante famiglie sono rientrate e quelle che sono rimaste pian piano si sono integrate. Fra i profughi ucraini c’erano tante professionalità e competenze che hanno trovato una risposta lavorativa nei nostri territori. Ad oggi le famiglie ucraine accompagnate non costituiscono una percentuale diversa da quella di tante altre nazionalità”.

La sua esperienza vissuta in Polonia, nei campi profughi, al confine con l’Ucraina…

“A fine 2022 abbiamo avuto la possibilità come Caritas, attraverso un progetto rivolto a mamme e bambini dai frati Cappuccini dell’Umbria e dalle loro Edizioni Frate Indovino, di poter avvicinarci al confine ucraino portando degli aiuti. Abbiamo visto anche la grande solidarietà del popolo polacco nell’accogliere milioni di profughi”.

Dopo l’esperienza alle porte dell’Ucraina quella in un’altra regione martoriata…

“Sono di ritorno insieme all’arcivescovo Ivan e ad alcuni confratelli sacerdoti e diaconi da un viaggio in Terra Santa. Noi non abbiamo toccato con mano scene di guerra, ma abbiamo potuto vedere le conseguenze di un conflitto, un silenzio assordante nelle terre di Gesù e nei luoghi di culto. Giravi per le vie di Gerusalemme antica quasi in solitudine. Fa male vedere nei territori palestinesi, che basano molto della loro attività sul commercio, l’assenza di pellegrini. È faticoso andare avanti a livello economico e la speranza è di poter presto tornare in Terra Santa come pellegrini per portare il nostro sostegno a quel 2% di cristiani fondamentale alla pace e al dialogo”.

Don Marco, ci sono anche le guerre dimenticate…

“Sono 56 i conflitti nel mondo che coinvolgo oltre 90 Paesi, una vera e propria terza guerra mondiale a pezzi, come la definisce papa Francesco. In tutto questo c’è il grande impegno di Caritas italiana che cerca con i suoi operatori inviati nelle zone più calde di continuare ad informare e a informarci come direttori. A nostra volta, a cascata, teniamo il faro puntato sui tanti conflitti che oggi non vengono nominati. Questo perché fanno meno rumore e destano meno attenzione per mille motivi e problematiche e attenzioni diverse, anche economiche. Tenere il conto e gli aggiornamenti su 56 conflitti, io credo che sia una situazione decisamente complessa, ma Caritas italiana è molto impegnata nell’ascolto e nel sostenere concretamente le Caritas dei Paesi coinvolti”.

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