Come cambia l’immigrazione in Umbria

Presentato il Rapporto sull’immigrazione in Umbria

Il primo Rapporto sull’immigrazione in Umbria è un poderoso volume di 700 pagine dense di dati desunti dalle fonti statistiche ufficiali, ma anche da 17 ricerche sul campo realizzate appositamente. Una messe di dati destinati a chi per vari motivi ha a che fare con il vasto fenomeno dell’immigrazione, dalla scuola al mondo imprenditoriale, dalla Chiesa alle Amministrazioni pubbliche. Per il presidente dell’Aur, Claudio Carnieri, la lettura del volume non può prescindere dalla conoscenza di alcuni dati essenziali: il totale degli stranieri in Umbria è di 85.947. Per il 22,9 per cento si tratta di persone di cittadinanza romena, il 18 per cento albanesi, il 10,7 per cento marocchini. Nella divisione per provincia 67.296 sono residenti nella provincia di Perugia, 18.651 in quella di Terni. Le donne sono numericamente prevalenti, con 35.655 presenza contro 31.641 maschi a Perugia, e 10.335 donne contro 8.316 uomini nella provincia di Terni. Quale sia il dato emergente di questa ricerca lo abbiamo chiesto al sociologo Paolo Montesperelli, membro del comitato scientifico dell’Aur, intervenuto alla presentazione con una relazione su “I percorsi degli immigrati, una ipotesi di lettura”. “La novità – spiega il sociologo – è che continua l’incremento della presenza di immigrati nella regione, il che deve necessariamente portare a chiederci perché, ma ancora più rilevante è la velocità di questo incremento. Inoltre questo incremento proseguirà anche nel futuro, con ogni probabilità, perché non sono state rimosse le cause”.Esterne all’Italia? “Esterne per la situazione drammatica che caratterizza la maggior parte del mondo. Interne, e interne all’Umbria, perché alcune caratteristiche della strutture socio-demografica sono attrattive nei confronti dell’immigrazione”. Quali? “Un esempio: la mancanza dei giovani, che si riflette sulla domanda di servizi, ma anche sulla caratteristica del mercato del lavoro, aperto a una manodopera flessibile e adattabile”. Altre novità? “L’affacciarsi di una seconda generazione che man mano conquisterà spazi di protagonismo, e l’ormai evidente natura fortemente multiculturale della nostra regione. Per esempio, nel mercato del lavoro ci sono 134 nazionalità diverse, nelle scuole ce ne sono 150. È molto difficle che le culture di origine rimangano intatte anche dopo due o tre anni: in realtà si rimescola tutto. È molto interessante ciò che accade nelle nuove generazioni, e non solo tra i figli di immigrati. Le stesse culture govanili degli autoctoni vengono modificate dalla presenza degli immigrati”. E la religione? “Il fattore religioso è un altro aspetto importante. C’è, per esempio, il fenomeno di un islam che rimane islam che pensa e parla italiano, cioè pensa e parla anche con alcune categorie occidentali, che non è assimilazione brutale ma piuttosto rimescolamento”. E sul piano sociale? “Ci sono le domande sociali che attengono a bisogni elementari ma che stanno divenendo in qualche maniera domanda politica, in quanto pongono problemi di scelta ai decisori politici. Per esempio sul diritto che ha il cittadino non italiano ad entrare nel Paese o il tema dei cimiteri islamici”.

AUTORE: Maria Rita Valli