Comunicare il Vangelo nell’Università che cambia

Un Convegno regionale sull'azione della Chiesa nel mondo universitario

Quattro più uno, tre più due o semplicemente cinque? Non è un gioco matematico ma la sintesi estrema del travaglio che sta vivendo l’Università italiana, alle prese con una riforma pensata in tempi brevi e che si è voluta attuare in tempi brevissimi. Se ne parlava fin dal 1995, è stata approvata dal Parlamento nel 2000 e nella primavera 2001 il Ministero ha deciso che per l’anno accademico 2001-2002 dovevano essere avviati i famosi trienni per la cosidetta ‘laurea breve’. E poi dovranno essere avviate le lauree specialistiche, sempre triennali. Da allora per i docenti è stato un gran correre nel tentativo, decisamente faticoso, di districarsi tra vecchio ordinamento, ancora in vigore per gli studenti già iscritti, e nuovi ordinamenti per i quali inventare o reinventare corsi che non sono più annuali o semestrali ma vengono definiti “moduli” con lezioni che durano tre mesi! Il modello è quello europeo, il tentativo è di far uscire gli studenti dopo soli tre o cinque anni dall’iscrizione, ovvero eliminare il problema dell’abbandono (meno del 10% raggiunge la laurea) e dei “fuori corso”, perché nel mercato del lavoro europeo i nostri giovani devono affrontare la concorrenza dei giovani degli altri paesi che escono dalle loro università in media con tre anni di anticipo. Una bella sfida che per come stanno andando le cose l’università italiana rischia di perdere. Gli studenti, infatti, in questa grande riforma sono disorientati, perdono tempo per imparare a districarsi tra nuovi corsi di laurea, laureee brevi e “moduli”. Di questi problemi, e di altro, si è parlato sabato nel corso del convegno promosso dall’Ufficio diocesano di Pastorale universitaria, su iniziativa dell’Ufficio nazionale. A illustrare le prospettive ed i problemi della riforma universitaria sono stati invitati i professori dell’Università di Perugia, Armando Pitassio, delegato del Rettore per la didattica e Gianfranco Savelli, coordinatore per la didattica del Senato accademico. Dalla loro esposizione e dal dibattito che ne è seguito è emerso che della riforma gli stessi professori universitari hanno una scarsa conoscenza, anche quelli più direttamente impegnati nella definizione dei nuovi programmi. Per questo è stato espresso apprezzamento per l’iniziativa e l’auspicio che nella stessa Università si facciano incontri simili. Al convegno, presieduto dal direttore dell’Ufficio di Pastorale universitaria di Perugia mons.Elio Bromuri, erano presenti i vescovi mons.Giuseppe Chiaretti, di Perugia, e mons.Sergio Goretti, di Assisi, presidente della Conferenza episcopale umbra. L’invito a partecipare, infatti era esteso a tutte le diocesi umbre, sia in considerazione del fatto che gli studenti universitari sono presenti ovunque, sia per la presenza, in diverse città umbre, di corsi universitari e, nel caso di Terni, di una seconda sede universitaria. Tra gli invitati anche i responsabili di Pastorale giovanile e di pastorale scolastica, per proporre e promuovere una collaborazione tra i diversi settori. Naturalmente erano presenti rappresentanti di associazioni di studenti presenti nell’Università (dalla Fuci a Cl ai giovani dei Movimenti ecclesiali) ed i responsabili dei pensionati universitari maschili e femminili, una delle realtà sulle quali mons.Chiaretti punta molto per il contatto con gli studenti. Con il convegno si è voluto mettere a fuoco il cambiamento che sta vivendo l’Università, e che non riguarda solo il percorso didattico ma anche il modo di vivere questo importante tempo della vita degli studenti. “Le nostre lezioni durano tre mesi e fuori da questi tempi l’Università è vuota”. Così Marco Moschini, docente alla Facoltà di Scienze della formazione, ha efficacemente sintetizzato la situazione. Una difficoltà che si aggiunge al già rapido ricambio generazionale degli studenti, che fa sì che ricevano poche attenzioni anche dalle parrocchie di cui spesso costituiscono una parte importante della popolazione. L’incontro è stato un primo passo, per alcuni occasione per conoscersi. Altre iniziative regionali sono in programma, mentre la diocesi di Perugia ha posto questa realtà a tema del prossimo convegno pastorale. MariaRita ValliDon Bruno Stenco: coordinarsi per essere più efficaciAl convegno di pastorale universitaria era presente don Bruno Stenco Direttore dell’Ufficio per l’educazione, scuola e università della Cei. Don Stenco, questo incontro è stato solleciato da voi. Perché? “Perché il mondo cattolico nelle sue espressioni regionale e diocesana, cerchi gli opportuni coordinamenti per essere più efficace verso una Università che è in una fase di passaggio e transizione perché cerca rapporti più efficienti verso il mondo del lavoro, ma nello stesso tempo deve salvaguardare la sua tradizione umanistica e considerare il quadro europeo in cui si trova. L’Università sta trasformandosi, quindi anche la pastorale dovrebbe trovare opportuni raccordi”. Cosa suggerite alle diocesi? “In particolare la centralità del responsabile diocesano e regionale della pastorale dell’Università, che nel caso di Perugia è don Elio Bromuri. Questo responsabile andrebbe potenziato nel suo ruolo di coordinamento di tutte le forze. Secondo punto: la qualificazione nel territorio delle realtà che già operano, vedi i collegi universitari. Bisognerebbe farli interagire con l’Università in maniera più qualificata. Terzo punto: probabilmente il tema dell’orientamento potrebbe essere il tema che fa interagire la Pastorale giovanile, della scuola e dell’Università, le associazioni di genitori e dei docenti”. Qui si è parlato molto della riforma e dei suoi problemi…”Certamente il dibattito si è soffermato molto sulla situazione all’interno dell’Università, che è di sofferenza e anche di confusione, a volte, per l’adeguamento ai nuovi programmi. Una situazione che dobbiamo tentare di migliorare a partire da quello che è. E’ in questo contesto che dobbiamo inserire tutte le attività pastorali”. A livello nazionale come è la situazione? “C’è anzitutto la constatazione che l’Università viene scelta da un numero crescente di persone, è una università ‘di massa’, che pone la necessità di accompagnare un numero maggiore di studenti a livelli eccellenti. Il problema quindi è di coniugare questo afflusso di persone all’Università con l’eccellenza di percorsi e di risultati”. Quanto conta l’Europa in questa realtà? “Il quadro europeo vincola sempre di più quello locale. Faccio un esempio. C’è grande attenzione al fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria, però dobbiamo stare attenti al fatto che saranno proprio i comunitari, i giovani degli altri Paesi dell’Unione, che verranno a lavorare in Italia, uscendo da percorsi universitari più efficienti, due o tre anni prima dei nostri. Ciò richiede adeguamento al livello europeo per quanto riguarda il percorso universitario, la sua qualità e l’inserimento nel mondo del lavoro”. La Chiesa cosa c’entra in tutto questo? “Per la Chiesa si tratta di mantenere l’esperienza universitaria come esperienza umana e sociale in queste università che sembrano quasi usa e getta, con slogan del tipo “vieni da noi che ti facciamo fare venti esami in un anno”. Secondo noi l’Università dovrebbe essere “anni” della vita di un giovane in cui nel percorso stesso in cui acquisisce competenze e diventa più uomo attraverso la cultura, fa anche un’esperienza sociale e comunitaria. La Chiesa è preoccupata che l’Università mantenga le caratteristiche di luogo umano e comunitario, di crescita della persona”. Quale tipo di formazione dovrebbe offrire?”Siamo attenti alla accoglienza degli studenti, si pensi al problema degli alloggi. Ora si tratta di porre attenzione alla qualità umana dell’Università, c’è da accompagnare dei giovani nella scelta del percorso di studio, per un rapporto equilibrato tra l’aspetto culturale e quello professionale. Un equilibrio che oggi si stenta a trovare”.

AUTORE: M.R.V.