p align=”giustify”Molti cittadini, pur in tempi di vacanza, stanno con gli occhi puntati sul Consiglio regionale, in periodo caldo politicamente oltre che per ragioni atmosferiche. Siamo in attesa di vedere come se la cavano sull’articolo dello Statuto regionale che riguarda la famiglia. Si cerca, intanto, di capire come lavorano, come sono messi sul piano della ricerca di un accordo sui punti difficili che vanno a toccare la sorte di alcuni gruppi politici. Ed è lì che si vede se vi è un interesse per la riuscita di un progetto accettabile per far funzionare la macchina regionale o si va al compromesso di basso livello. Vediamo come sono andate le cose sulla legge elettorale, della quale non è stato votato il testo (non c’era una proposta articolata) ma un documento che definisce come dovrà essere la legge. Hanno votato in aula ventitré consiglieri su trenta (sette erano assenti). Ventuno sì con sfumature diverse e due consiglieri che hanno scelto di non votare, il primo (Ripa di Meana, dei Verdi ecologisti, “perché non ci si esprime suun promemoria scritto sull’acqua”), il secondo (Melasecche, il capogruppo di Forza Italia, “perché non è una proposta vera”): è il voto quasi unanime con cui il consiglio regionale ha approvato la delibera che sintetizza le linee principali della nuova legge elettorale umbra. Un passaggio, quello dell’approvazione del documento, che ha consentito all’assemblea, in attesa di varare a novembre la legge elettorale vera e propria, di avviare già dalle 9,30 di giovedì mattina (scriviamo a tarda sera del 28 luglio) la seconda lettura del nuovo statuto regionale, in vista della sua definitiva approvazione. Ma anche il “sì” del consiglio al documento d’intenti sulla legge elettorale è giunto dopo un percorso molto travagliato, sia in aula sia fuori dall’aula. La proposta iniziale era stata sfornata dalla commissione statuto nella nottata tra lunedì scorso e martedì, ma già le anticipazioni sul suo contenuto avevano scatenato le reazioni di molti scontenti. Tra i primi ed i più agguerriti oppositori del testo, i Comunisti italiani, convinti che la previsione di uno sbarramento al 4 per cento per il proporzionale, fosse “un modo per escludere il Pdci dal consiglio regionale”. Così oggi il segretario regionale del Pdci, Roberto Carpinelli, a Palazzo Cesaroni ha detto ai giornalisti che “se la legge passa prevedendo questo sbarramento, il Pdci ne prenderà atto ed assumerà decisioni conseguenti”. La legge è passata così. Prevedendo, oltre agli sbarramenti con le due percentuali emerse dalle ulteriori riunioni di martedì pomeriggio (i Ds ne hanno discusso a lungo), la “testa di lista” per ogni partito, la preferenza unica, il metodo D’Hont per la ripartizione dei seggi, un premio di maggioranza ed una soglia minima di rappresentanza per le opposizioni. “Ha un taglio proporzionalistico, per questo diciamo sì al documento anche se non l’abbiamo siglato”, ha spiegato Stefano Vinti, capogruppo del Prc, mentre il capogruppo della Margherita, Gianpiero Bocci, e Pietro Laffranco, di An, hanno valutato positivamente “una legge elettorale che concilia governabilità e rappresentanza”. Appoggio al testo anche da Fasolo, dello Sdi, Lignani Marchesani (An) e Sebastiani (Udc), anche se quest’ ultimo ha espresso riserve sulla preferenza unica. Il capogruppo diessino, Paolo Baiardini, ha chiesto (ed ottenuto) di rivedere la norma sull’ineleggibilità.