Cullante

L’ho letto su di un vecchio spartito di Stille Nacht, a destra, in alto, Invece che ‘lento’. No, ‘lento’ non rendeva l’idea dell’indicazione che chi la scrisse voleva trasmettere. ‘Cullante’. Gesù bambino doveva essere esile come lo è, appena nato, un corpicino destinato a raggiungere in età adulta 1metro e 55, 1 metro e 60. Esile, fragile come si conviene a uno che la flagellazione ridurrà a un ‘verme’, a un ‘non/uomo’; di colore olivastro, una patina di olio di datteri di quelle parti, sulle rughe che in ogni parte del mondo presenta il corpo di ogni neonato. Invece noi lo rappresentiamo paffuto, sorridente, riccioli biondi, occhi blu notte: come si fa a resistere alla voglia di prenderlo in braccio e cullarlo? Per questo, nell’indicare il ritmo giusto di Astro del Ciel, l’estensore dell’antico spartito cambiò dicitura: stava per scrivere ‘lento’, scrisse ‘cullante’. Astro del ciel. Cullante. Signore, il nostro cielo interiore è popolato di stelle false, proprio come le migliaia di aggeggi che l’uomo ha lanciato nello spazio e che nello spazio continuano a viaggiare, rottami presuntuosi e insensati, accanto a quelli che nello spazio ce l’hai messi tu. Fatti vedere. Restituisci un senso al cielo, una collocazione alle stelle. ‘Stella, tu guardi le stelle: vorrei essere il cielo per rimirarti con infinte pupille’. Platone, credo. Pargol divin. I pargoli sono tanti tra i popoli della fame e pochi tra noi popoli dell’opulenza, ma sembra che solo minoranze in ulteriore calo sappiano cogliere la speranza divina che germoglia in ognuno di essi. Molto più numerosi quelli che reclamano il diritto (!!) di ucciderli nel seno materno. Mite. Come quelli che vogliono sul serio possedere la terra. Cullante. Agnello: la teologia della ‘soddisfazione vicaria’, nella quale tu nascevi per morie al posto nostro, è stata messa in ombra dalla teologia della vita oblativa. Varrebbe la pena di rimetterla in giusto onore, come parte di quella folle generosità che ti ha segnato fin dal primo respiro di vita. Tu che i vati da lungi sognar, tu che angeliche voci nunziar. Cullante. Tutti t’abbiamo sognato, perché nel cuore di ogni sogno degno d’essere sognato ci sei Tu. Quando la verità e il bene tornano ad affascinarci, sono i lineamenti del tuo volto che riaffiorano da sotto i pensieri indegni e le sciocche preoccupazioni di quel tran/tran quotidiano che abbiamo imparato a soprannominare ‘vita’. Infinite le voci che ti annunziano. Provengono da ogni settore della vita. Ma i nostri timpani si sono ispessiti per il rumore che nel nostro tempo ha sostituito la musica, anche quella cullante. Luce dona alle menti, pace infondi nei cuor. Cullante. Già. Un po’ di luce, un po’ di pace, e la vita si rilancia. Grazie a te.