La settimana scorsa ho scritto che è pura utopia aspettarsi che l’Onu ponga fine alle guerre e ai conflitti del mondo. Più in generale, è utopia aspettarsi una pace generale e duratura dall’accordo libero e spontaneo di tutti i Paesi, senza bisogno che ad imporla e a mantenerla ci sia un’autorità sovranazionale dotata della forza necessaria per far rispettare le sue regole. Si litiga tra fratelli, tra fidanzati, tra marito e moglie – qualche volta si ammazzano anche. L’Onu è, in effetti, una organizzazione sovranazionale altamente rappresentativa: riunisce 193 stati; praticamente tutto il mondo, meno qualche situazione contestata, come Taiwan.
Ma quello che manca all’Onu è una vera capacità di imporsi; il suo Consiglio di sicurezza ha il potere di adottare decisioni vincolanti e di inviare forze armate (i famosi “caschi blu”) per farle rispettare. Ma può farlo solo se c’è il consenso di ciascuna delle cinque grandi potenze fondatrici (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia): quelle che hanno il diritto di veto. E tale consenso, è facile capirlo, manca proprio nelle situazioni più delicate e difficili. Si potrebbe, allora, abolire il diritto di veto? No, perché quei cinque non lo accetterebbero, anzi uscirebbero subito dall’Onu, insieme, si capisce, ai loro protetti; nessuno può obbligarli a restarci per subirne le decisioni. Un minuto dopo l’Onu si scioglierebbe, perché senza Usa, Cina e Russia non avrebbe più senso.
Nessuno Stato accetta di buon grado di rinunciare alla propria sovranità, o a parte di essa, se non nell’ambito di un processo di sviluppo e di crescita comune – come nel caso dei paesi che, come l’Italia, hanno creato e fatto consolidare quella che ora si chiama Unione Europea. E tuttavia, passati gli anni dell’entusiasmo, a qualcuno pare già troppo quel poco di sovranità che abbiamo ceduto: sono quei governi che, appunto, si qualificano, o si lasciano qualificare, “sovranisti” ; uno è anche il nostro. Ora, se pensiamo che i soci fondatori della UE erano la punta più avanzata, a livello mondiale, della ricerca di un nuovo modo di impostare i rapporti internazionali nel senso della progressiva, pacifica integrazione, cosa possiamo sperare per il futuro se quelli stessi tornano indietro chiudendosi nella propria (illusoria) sovranità?