Delibera ‘prima casa’: per i cattolici è da rivedere

Contributi per la prima casa alle giovani coppie. La delibera adottata dalla Giunta regionale (vedi servizio su La Voce numero 7, anche su www.lavoce.it) e pubblicata sul Bollettino della regione, quindi già operativa, non piace. I consiglieri regionali di minoranza Enrico Sebastiani (Udc) Fiammetta Modena (Fi) e Pietro Laffranco (An) con una mozione presentata il 20 febbraio scorso chiedono alla Giunta di ritirare l’atto e sostituirlo con uno che delimiti alle sole coppie sposate il diritto di presentare le richieste. L’atto è illegittimo, affermano mentre valutano l’ipotesi che un sindaco dei comuni esclusi possa far ricorso e chiedere al Tar di bloccare il provvedimento. La delibera non piace alle associazioni cattoliche. La presidente del Forum regionale delle famiglie, l’avvocato Eliana Petrozzi, vorrebbe venisse ritirata. “Non diciamo, nello specifico, cosa devono fare i politici, ma chiediamo con forza che sia mantenuta una differenza tra la famiglia fondata sul matrimonio e le coppie di fatto”. Spiega e ribadisce che la richiesta non nasce da ostilità nei confronti di quanti non si sposano, mentre indica nelle scelte adottate dalla Toscana (prevede che se restano soldi accedono ai contributi anche le coppie conviventi, con figli) una possibile via da seguire anche dalla nostra Regione. È contrario alla equiparazione tra coppie e famiglie anche il delegato regionale dell’Azione Cattolica Giovanni Carlotti che stigmatizza anche “le modalità con sui è stato inserito il principio, quasi di soppiatto come a voler costituire un precedente, senza affrontare un dibattito, un vero confronto con la gente”. Che non sia decisione da prendere nel chiuso di un assessorato o di una riunione di Giunta, è opinione anche di Giulio Cozzari, della Margherita, presidente della Provincia di Perugia. “Nel momento in cui ci si avventura su certi sentieri sarebbe opportuno maggiore riflessione e dibattito pubblico” commenta Cozzari, per il quale “cercare di salire sul nuovo cedendo al radicalismo individualista è il rischio più forte per la società” che “ha bisogno di regole chiare e semplici” senza demonizzare nessuno e senza ridurlo a problema dei soli cattolici. Per l’assessore regionale Gianpiero Bocci (ha votato la delibera in Giunta) nella delibera regionale ‘contestata’ “non si parla di famiglie e coppie di fatto ma di edilizia residenziale, di case”. L’esponente della Margherita ha detto che “se ci fosse un richiamo del genere non avrei riserve a prendere carta e penna per scrivere alla Presidente della giunta regionale”. “C’è stata carenza di comunicazione, se c’è stata comunicazione. E’ passata una delibera come ordinaria. Ma su un atto che riguarda la casa – ha detto l’assessore regionale – eviterei la lettura di un provvedimento che possa riconoscere le coppie di fatto. Se ci fosse una discussione su questo, non avrei difficoltà, lo ripeto, a dichiarami contrario. E a chiedere il riesame della delibera”. Da parte sua Danilo Monelli, l’assessore all’edilizia residenziale e pubblica che ha proposto l’atto in Giunta, ha difeso la scelta di aprire i contributi alle coppie di fatto dichiarando che “è una scelta di civiltà”, in linea con quanto Rifondazione sostiene anche sullo Statuto regionale. Sulla vicenda è intervenuta anche la Commissione di pastorale familiare della diocesi di Perugia – Città della Pieve. “A proposito della delibera della Giunta regionale n. 52 del 4 febbraio 2004, – si legge nel comunicato – già resa esecutiva, riguardante i “contributi a favore di coppie di nuova costituzione per l’acquisto della prima casa”, varata alla svelta in Giunta con cinque voti favorevoli senza alcun passaggio in Consiglio, appare fin troppo evidente il tentativo furbesco di definire e legittimare come “famiglia”, – di cui soltanto parla la legge -, ogni tipo di “coppia di fatto”, quale che essa sia (e cioè, come viene testualmente detto, “due soggetti inseriti nel medesimo nucleo familiare anagrafico che non hanno rapporti di parentela tra loro”), fondata solo sui sentimenti o sugli interessi del momento, al di là d’ogni controllo istituzionale e in contrasto con la Costituzione italiana e con la stessa legge di riferimento n. 289, art. 46, comma 2. Questa norma regionale, così com’è capziosamente formulata, è una vera legge truffa, che finisce per umiliare ulteriormente proprio la famiglia per la quale è fatta la legge nazionale, che mira espressamente anche al “sostegno della natalità”, dal momento che sempre e primariamente sulla famiglia continua a ricadere il peso e la responsabilità giuridica e di fatto di servizi socialmente utili e necessari come la procreazione, l’istruzione e il sostegno dei figli e di ogni altro suo membro non autonomo”.