Dibattito sulle benedizioni pasquali nelle scuole

In riferimento alla benedizione delle scuole dell’VIII Circolo desidero fare alcune precisazioni: Non è affatto vero che sia stata ipotizzata la benedizione delle aule vuote, ma la benedizione delle scolaresche e delle scuole in orari non curricolari con libera adesione di cattolici e non, di alunni e genitori. Infatti così poi è avvenuto con la libera partecipazione di docenti, non docenti, alunni e genitori e lo scrivente (a livello personale) 10/15 minuti prima delle lezioni o subito dopo le lezioni o nel pomeriggio, come in una scuola di Ponte Valleceppi alla presenza di molti genitori e alunni. Si è trattato di un momento comunitario, vissuto intensamente ed autenticamente nel rispetto della coscienza di tutti, trattandosi di atti di rito e di preghiere che richiedono una sentita e libera adesione.

Nelle scuole dell’VIII Circolo sono presenti 111 alunni extracomunitari di varie nazionalità e fedi religiose, ma se anche vi fosse un solo alunno di fede diversa, andrebbe rispettata la sua coscienza e la scelta dei genitori, trattandosi di una persona che in quanto tale non è un numero (111 o 1 non fa differenza), ma un valore incommensurabile che sub stat alla personalità portatrice di cultura e credo diversi, originari o acquisiti. Esistono delle norme per le scuole statali, al cui rispetto sono tenuti i funzionari preposti ad un servizio, come quello scolastico. Esiste anche una giurisprudenza che interpreta in modo chiaro e deciso tali norme che così si possono riassumere: Legge 25 marzo 1985, n.121 che recepisce le modificazioni al Concordato dell’11 febbraio 1929, art.9, comma 2, ove si afferma: “All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto (di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione Cattolica) su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcune forme di discriminazione”; Circolare del Ministro della Pi prot. n. 13377/544/ Ms del 13 febbraio 1992, avente ad oggetto: “Partecipazione degli alunni ad attività di carattere religioso”. In tale circolare si afferma che il Consiglio di circolo o istituto possa deliberare di far rientrare la partecipazione a riti e cerimonie religiose, fra cui la benedizione pasquale delle scuole, tra le manifestazioni o attività extrascolastiche, ai sensi della lettera d) dell’articolo 6 del Dpr 31 maggio 1974, n. 416, con libera partecipazione di alunni e docenti; Tar Emilia Romagna, Bologna, Sezione II, sentenza n. 250, 17 giugno 1993. In tale sentenza si afferma, tra l’altro, che “Se certamente l’insegnamento della religione cattolica è cultura religiosa (e soltanto essa lo è), altrettanto certamente gli atti di culto, le celebrazioni di riti e le pratiche religiose non sono cultura religiosa, ma essi sono esattamente il colloquio rituale che il credente ha con la propria divinità, un fatto di fede individuale, quindi, e non un fatto culturale”… “Al di là, però, dell’insegnamento della religione cattolica, nelle scuole dello Stato non è consentito andare: pertanto, ogni altra attività squisitamente religiosa (atti di culto, celebrazioni) non è prevista e non è consentita nelle aule scolastiche e meno ancora in orario di lezione e in luogo dell’insegnamento delle materie di programma… e gli organi pubblici che questo consentano commettono senza dubbio un’illegittimità”… “Ma il fatto più notevole e antigiuridico è che le pratiche religiose e gli atti di culto, a torto ritenute attività extrascolastiche, abbiano luogo e svolgimento in orario scolastico, cioè negli orari destinati alle normali lezioni…”. E vengano perciò previsti in luogo e in sostituzione delle normali ore di lezioni. Questo soprattutto è l’aspetto di illegittimità per violazione e falsa interpretazione e applicazione della legge art. 6 secondo comma lettera d del Dpr 31.05.1974, n. 416 delle impugnate deliberazioni del Consiglio di Circolo di Vergato e di Bologna (che avevano deliberato di far svolgere le benedizioni pasquali durante l’orario curricolare)… “Per quanto detto, le deliberazioni dei consigli di circolo impugnate con i ricorsi giurisdizionali sono illegittime per violazione della legge e vanno per conseguenza annullate”. “Dall’annullamento va esclusa l’impugnata circolare ministeriale, la quale, presentandosi come un atto dal contenuto e dalla finalità soltanto interpretativi, non ha attitudine lesiva delle posizioni soggettive dei ricorrenti”. In tale circolare ministeriale venivano configurate le pratiche religiose e gli atti di culto come attività extrascolastiche. Il Ministro della P.i non ha mai impugnato tale sentenza di fronte al Consiglio di stato; Decreto Leg.vo n.297/1994 – T.U. sulle leggi della scuola, art.311: Diritti delle altre confessioni religiose diverse dalla cattolica, comma 2: “Per dare reale efficacia al diritto di avvalersi o di non avvalersi di insegnamenti religiosi la Repubblica Italiana) provvede a che l’insegnamento religioso ed ogni eventuale pratica religiosa, nelle classi in cui sono presenti alunni che hanno dichiarato di non avvalersene, non abbiano luogo in occasione dell’insegnamento di altre materie, né secondo orari che abbiano per i detti alunni effetti comunque discriminanti”; Tar del Veneto, Padova, ordinanza n. 334/951 del 1996 che dichiara illegittima una delibera del Consiglio di istituto di una scuola media che autorizza le classi ad andare in chiesa, per la messa pasquale, durante le ore di lezione. Come si vede sia le norme che la giurisprudenza sono molto chiare e sono vincolanti per i capi d’istituto, al di là delle proprie convinzioni religiose. L’autonomia scolastica, infatti, non significa indipendenza dalle norme. Poiché non è stata espressamente annullata la C.M. prot. n. 13377/1992, in quanto ritenuta meramente interpretativa ed essendo in linea con il succitato articolo 311 del T.U. 297/94, le benedizioni pasquali sono possibili come attività extrascolastiche in orario non curricolare, previa delibera del Consiglio di circolo. Dott. Antonio NigroDirigente scolastico reggente dell’VIII circolo di PerugiaCaro direttorecon fraterna franchezza permetta che anch’io, dopo essermi consultato con una persona esperta, faccia alcune riflessioni in merito. La prima di carattere generale consiste nel ritenere che in un mondo pluralistico non si debba cercare l’uguaglianza negando le differenze o considerandole delle provocazioni o umiliazioni per chi non appartiene alla stessa cultura, quanto piuttosto nel dare a tutti le stesse possibilità qualora vengano richieste. Lavorare per fare della scuola una comunità nella quale le differenze costituiscano una ricchezza e un valore e non una minaccia. Per quanto riguarda i singoli punti da lei enunciati mi pare che si debba dire che il riferimento alla L. 25.3.85 n. 121 (Nuovo concordato) non sia pertinente. Il Nuovo concordato, infatti, si limita a definire e regolamentare esclusivamente l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche e non altro, Non affronta in alcun modo, neppure indirettamente o analogicamente, la questione degli atti di culto nella scuola. Il Tar dell’Emilia Romagna (sent. 250 del 17.6.93) dà una interpretazione letterale del Dpr 416/74 (che definisce le competenze dei consigli di circolo/istituto).

Ed è contraddetto dal D.L. 297/94 (Testo unico delle leggi sulla scuola, art. 311), che parla esplicitamente di “eventuale pratica religiosa” prevista all’interno della scuola pubblica (dunque non è vietata!). Che poi il Mpi non abbia impugnato la sentenza del Tar emiliano-romagnolo non mi pare che dica molto. In ogni caso, la sentenza del Tar bolognese ha valore giuridico per la sola Emilia Romagna. La stessa osservazione vale per la sentenza del Tar del Veneto (ordinanza 334/951 del 1996). Mi consenta di dire che la vicenda rimbalzata sui giornali è stata provocata dalle disposizioni impartite dalla sua direzione, portate all’attenzione del Consiglio di circolo solo dopo le reazioni “popolari” successive alla prima circolare. In questa circostanza forse non si è tenuto conto di alcuni elementi di fondamentale importanza: il diritto primario della famiglia all’educazione dei propri figli; le tradizioni esistenti in alcune scuole soprattutto di paese, fortemente radicate e componenti del “patrimonio culturale” del popolo; la regola prima della democrazia secondo cui in nome della minoranza non si può impedire alla maggioranza di esprimersi nei modi consentitit e rispettosi della minoranza stessa, la quale, a sua volta deve essere tutelata e aiutata ad esprimersi, secondo il principio di cui si diceva all’inizio.

Nel caso specifico di Pianello, (e si può dire in generale nella maggior parte dei casi) nessuna famiglia non cattolica ha sollevato obiezioni nei confronti della “tradizione” della benedizione pasquale nella scuola con annessa colazione e festa paesana. Tanto più che questa, da sempre e fino allo scorso anno, veniva fatta durante l’intervallo di metà mattina: dunque senza togliere tempo a nessuna materia di insegnamento. In ogni caso si può sempre sostenere l’opinione che in certe circostanze e per varie ragioni la benedizione pasquale nella scuola non sia opportuna, ma non trincerarsi in un eventuale divieto da parte del legislatore. A me pare sia opportuno rifarci alle indicazioni date dall’Ufficio scolastico diocesano con la nota del 1.6.97, in cui, tra l’altro, si afferma: “genitori, alunni, insegnanti e dirigenti scolastici possono legittimamente proporre ad una o più classi una ‘esperienza’ di vita cristiana (preghiera, messa, benedizione ecc.), a condizione che sia deliberata dalle competenti autorità scolastiche, prevista con anticipo e inserita nell’itinerario pedagogico didattico (programmazione), motivata… Comunque… al fine di evitare divisioni e contrapposizioni incomprensibili o addirittura dannose per i ragazzi, soggetti primi della scuola, è da valutare attentamente caso per caso l’opportunità di tali iniziative”. Tutto ciò senza polemica, ma nell’intento di ampliare un dibattito e approfondire un tema che avrà sicuramente un interesse e un peso sempre maggiore nella nostra società.