Dio ricomincia dalla famiglia

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Oscar Battaglia II Domenica del tempo ordinario - anno C

Siamo ancora nel clima delle tre manifestazioni divine (epifanie) che introducono la vita del Figlio di Dio tra noi: la stella che guidò i Magi descritta da Matteo, la voce del Padre al Giordano registrata da Luca, il primo miracolo raccontato ci da Giovanni. Dopo l’incarcerazione del Battista Gesù dà inizio alla sua attività messianica, cominciando dalla Galilea. La madre lo aveva presentato ai magi rappresentanti delle genti pagane, il Padre lo aveva presentato ai giudei che aspettavano il messia annunciato dai profeti, ancora la madre spinge Gesù a iniziare pubblicamente la sua attività salvifica a favore degli uomini. Due episodi, uno all’inizio e l’altro alla fine, segnalano nel Vangelo di Giovanni la presenza significativa di Maria nella vita di Gesù. Essa compare accanto a suo figlio nel miracolo di inaugurazione della sua attività a Cana di Galilea (2,1-12) e riappare poi ai piedi della croce a raccogliere le sue ultime parole (19,25-27).

Ambedue i casi fanno riferimento alla fondazione di una famiglia: la famiglia naturale degli sposi di Cana consacrata dalla benedizione di Cristo, la famiglia soprannaturale dei figli di Dio nata dalla croce. Dio ricomincia dalla famiglia per ricreare una nuova umanità. Accanto a Gesù c’è sua madre che costituisce con lui la nuova famiglia ideale voluta da Dio come prototipo di tutte le future famiglie redente. Quella di Nazareth è la famiglia che Dio ha posto come modello e seme di ogni famiglia credente. Non c’è famiglia senza una madre, Maria è la nuova Eva, ‘madre dei viventi’. Siamo a Cana di Galilea (la precisazione non è inutile perché esistevano altri paesi con questo nome). Gesù è invitato a nozze insieme a sua madre e ai suoi primi discepoli. La festa di nozze si prolungava per più giorni nel cortile di casa dello sposo, dove si raccoglievano per più sere parenti e amici a mangiare e bere.

In queste circostanze ciò che poteva mancare più facilmente era il vino che era prodotto in quantità sufficiente solo a rallegrare la famiglia nelle grandi feste religiose e nei matrimoni. Le riserve familiari erano perciò modeste, facilmente venivano prosciugate dai troppi commensali in vena di allegria. Quel giorno accadde proprio questo. Se ne accorse per prima Maria che trafficava, come donna di casa, tra la cucina e la dispensa di questi suoi parenti sposi. Ancora una volta, come abbiamo notato nel Vangelo di Luca, la sua prima immagine è quella di una serva attenta ai bisogni altrui: a quelli della parente anziana Elisabetta, a quelli dei suoi parenti novelli sposi di Cana. Nella sala del convito, accanto agli altri commensali chiassosi e spensierati siede anche suo figlio Gesù. Come dimostrerà poi nel seguito della sua vita pubblica, egli ama sedere a mensa e far festa con gli amici. Non per niente ha inaugurato la sua attività con un banchetto di nozze, in allegria e festa, per dimostrare che Dio ha ormai abbandonato il suo piglio autoritario e severo, per assumere il volto sorridente e allegro del Padre che ama far festa con i figli, la festa della salvezza misericordiosa.

Ricordate le parola del padre che riabbraccia il figlio tornato a casa? “Bisogna far festa”, dice al figlio maggiore che non lo riconosce più, tanto gli sembra cambiato (Lc 15,32). La madre che lo ha conosciuto per più di trent’anni, sa che può contare su di lui che ha un cuore più grande del suo, quello appunto di Dio. A lui confida la sua preoccupazione per lo smacco che gli sposi stanno per subire. È urgente intervenire. La risposta di Gesù, come di solito è tradotta, sembra evasiva, di persona quasi infastidita: “Che c’è fra me e te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. In realtà nella lingua aramaica, povera di parola, essa aveva un doppio significato a seconda del tono con cui veniva pronunciata. Poteva significare disimpegno come a dire: sono cose che non ci riguardano, se la vedano loro; non è ancora giunta la mia ora di agire. Dal seguito del racconto però hanno significato: “Non ci sono difficoltà tra me e te, puoi disporre sul da fare, puoi disporre di me. Tieni solo presente che ancora non è giunta la mia ora, io non ho iniziato la mia attività salvifica con i miracoli”.

La madre, che abbiamo conosciuto già come donna decisa dal Vangelo di Luca, chiama i servi e li mette a disposizione di suo figlio per quello che egli potrà e vorrà fare. Sospinto da questa volontà materna, Gesù accelera i tempi d’inizio della sua ora e compie il suo primo miracolo. Comanda prima di riempire le sei pile di acqua presenti nel cortile. Erano recipienti della capacità che andava dai sessanta ai cento litri, in tutto quattro o cinque quintali di contenuto. Quando le giare furono piene, Gesù comandò di servirne il contenuto a tavola. Quell’acqua era divenuta un ottimo vino apprezzato e lodato entusiasticamente dal maestro di tavola. Qualche benpensante scandalizzato avrebbe potuto definirlo un miracolo sciupato e addirittura dannoso. Lo stesso maestro di tavola constata che i commensali sono già brilli e quindi qualsiasi tipo di vino, anche scadente, sarebbe stato accettato da quei palati ormai incapaci di distinguere i gusti.

Quella sera certamente qualcuno dovette essere riaccompagnato a casa malconcio, per quel nuovo vino miracoloso che assestò ai più ghiotti il colpo di grazia definitivo. Il bello è che Gesù non ha fatto questi calcoli nel donare generosamente il suo vino. Dio non fa calcoli nel donare, dona senza misura perché è buono e generoso. Possiamo approfittare e abusare dei suoi doni, ma questo non lo preoccupa più di tanto, né tanto meno smonta la sua eccessiva generosità. L’amore di Dio è senza misura. Lo sanno bene quei fortunati sposi di Cana che ebbero vino almeno per un anno intero e poterono godersi allegramente le loro feste familiari. Questa è la prima rivelazione (epifania) di Dio che Gesù ha voluto dare al mondo.

Questa è la gloria, cioè il vero volto luminoso di Dio, che Gesù manifestò ai suoi discepoli che credettero in lui. Dobbiamo dire che non era facile per degli ebrei abituati ad altre immagini di Dio, credere a questa immagine così nuova che videro stampata nel volto e nelle azioni di Gesù. Ora egli poteva cominciare a diffonderla nei villaggi e nelle vie della Palestina. Perciò discese a Cafarnao con questo suo primo gruppo di discepoli, tra i quali c’era e continuerà ad esserci anche sua madre confusa ormai tra la folla. La prima ‘credente’ tra i primi credenti.

AUTORE: Oscar Battaglia