Domenica lavorativa: un coro di “no”

In Umbria, i tre maggiori sindacati bocciano la proposta del Governo di liberalizzare gli orari dei negozi: una mossa che - affermano - non risolverebbe i problemi

È una strana idea, quella del Governo, che vuole risolvere la crisi al contrario: non creando ricchezza, ma cercando di creare un maggior numero di occasioni di spesa… laddove invece i soldi, dopo la manovra, sono sempre di meno”. Non va tanto per il sottile la segretaria di Filcams-Cgil Stefania Cardinali, durante la conferenza stampa di venerdì scorso alla Cisl di Perugia, per presentare l’iniziativa “Liberiamo le domeniche dal lavoro”, contro il provvedimento approvato dal Governo Monti in materia di liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali. Indetta a livello europeo da European Sunday Alliance (Alleanza europea per la domenica) nella giornata di domenica 4 marzo, l’iniziativa ha visto i sindacati uniti in questa nuova battaglia. A Perugia sono stati allestiti alcuni presìdi di sensibilizzazione presso i maggiori centri commerciali della provincia. Deregolamentando le restrizioni all’apertura, il Governo vorrebbe aumentare il numero delle ore di lavoro disponibili, e quindi creare occupazione, oltre che offrire un incentivo molto potente alla spesa, che non avrebbe più alcuna limitazione legata agli orari di lavoro. È proprio la tesi che sottende a tutta la manovra ad essere contestata dai sindacati. “Con la liberalizzazione – prosegue la Cardinali – tutti potrebbero aprire in ognuna delle 52 domeniche dell’anno, in tutte le festività, laiche e religiose, anche la notte. Il Governo ritiene che questo servirà a creare nuovi posti di lavoro, ma non è così. I dati sull’avviamento all’occupazione che ci ha fornito la Provincia sono chiari: nel 2009, su 76.642 nuovi contratti di avviamento professionale, solo 9 mila risultavano a tempo indeterminato. Le aziende non faranno nuove assunzioni, ma si creeranno solamente nuovi precari”. “Nessuno è contrario al cambiamento e all’innovazione – ha commentato Valerio Natili, segretario di Fisascat Cisl – ma in uno scenario di recessione e di contrazione dei consumi, una liberalizzazione senza regole rischia di fare esplodere ulteriori conflittualità e di produrre pericolosi effetti boomerang. Per questi motivi – spiega – chiediamo alla Regione Umbria che intervenga per la costituzione di un tavolo di concertazione tra le parti sociali, che porti ad una regolamentazione della disciplina delle aperture festive e domenicali. E rinnoviamo, inoltre, l’invito di mettere in atto tutte le iniziative istituzionali necessarie, per richiedere la modifica del decreto”. Sulla stessa linea anche Maria Ermelinda Luchetti, segretaria della Uiltucs Uil. “In Umbria – dice – il tema degli orari è già ampiamente affrontato dalla normativa regionale: i negozi potevano aprire 13 ore nell’arco delle 24 a discrezione degli imprenditori, con il confronto tra le parti sociali. La concertazione in questi anni è stata largamente praticata, e ha garantito la programmazione e calendarizzazione delle aperture, in molte realtà aziendali, nel rispetto sia delle regole e dei diritti di chi lavora. Riteniamo – ha concluso – che occorra sviluppare politiche di sostegno, di rilancio e sviluppo del settore commerciale a partire dai centri storici, oggi soffocati dal crescente spostamento dei consumi verso le periferie, con l’aggravio dell’inquinamento ambientale. Così come consideriamo necessario mantenere l’equilibrio tra grande e piccola distribuzione, per la qualità del servizio ai consumatori e, soprattutto, sostenendo il reddito e il lavoro”.

AUTORE: Emiliano Sinopoli