Due giovani orvietane nella missione archeologica in Giordania

Un'indagine sui maggiori siti archeologici lungo il "limes arabicus"

A distanza di otto mesi si è da poco conclusa la seconda spedizione archeologica in Medio Oriente, all’interno di un importante progetto di ricerca internazionale, finalizzato ad un’indagine capillare dei siti lungo il limes arabicus. La prima missione aveva già svolto i necessari sopralluoghi nel mese di gennaio, mentre tra settembre ed ottobre un’équipe di archeologi italiani, tra cui due ragazze orvietane, è tornata nel deserto giordano-siriano per approfondire la conoscenza di determinati siti di maggiore interesse per l’eccellente stato di conservazione. Nell’ambito di una cooperazione tra il ministero degli Esteri italiano ed il dipartimento alle Antichità della Giordania è stato possibile proseguire il lavoro già intrapreso, con il supporto indispensabile di strutture locali messe a disposizione con la tipica accoglienza orientale. Le condizioni ambientali al limite della sopravvivenza non hanno comunque impedito di rinnovare l’ammirazione e lo stupore per la visione di paesaggi meravigliosi, dove lo spazio sconfinato roccioso veniva colorato ogni giorno da albe e da tramonti di un’intensità indescrivibile. Il progetto oltre ad una ricognizione territoriale, volta a delineare un quadro di conoscenze dell’area indagata il più dettagliato possibile, ha previsto anche un intervento di scavo archeologico sul sito di uno dei principali castelli, costruiti dai Romani come difesa contro i Parti, in pieno deserto giordano, ai confini con l’Iraq. Tali indagini, secondo accordi già stipulati, porteranno alla realizzazione finale di un parco archeologico-ambientale, in grado di garantire delle possibilità di sviluppo alle tribù dei beduini che vivono nelle vicinanze nell’ottica del principio della conservazione integrata. La recente spedizione ha consentito a tutti i partecipanti di vivere direttamente non solo gli aspetti pratici del lavoro archeologico, ma anche di acquisire un’esperienza di vita intensa e complessa, da ripetere in futuro, nonostante le molteplici difficoltà ed il notevole impegno richiesto. Al termine del lavoro nel deserto, si è avuta la possibilità di visitare Damasco, capitale della Repubblica Araba Siriana. Nella città vecchia è evidente più che altrove la stratificazione di epoche e culture differenti. Punto d’incontro di popoli e di religioni diverse, Damasco può a buon diritto essere ricordata come città della tolleranza. Rimasta fedele alla sua vocazione millenaria come luogo del confronto e dell’accoglienza, ancora oggi rappresenta una dimostrazione tangibile del rispetto per le diversità. Un esempio concreto è costituito dalla Moschea degli Omayyadi, il più celebre monumento sacro dell’Islam, risalente all’VIII sec, visitato anche da papa Giovanni Paolo II. All’interno dell’edificio centrale si trova il cenotafio di san Giovanni, eretto sul luogo dove secondo la tradizione venne sepolta la testa del Battista. In quest’area, precedentemente alla conquista araba, sorgeva una chiesa cristiana dedicata al Santo. In seguito per oltre un millennio la preziosa reliquia è stata conservata all’interno della moschea islamica, venerando san Giovanni come uno dei profeti, con il nome di Yahia.

AUTORE: Federica Sabatini