Due umbri tra i martiri di Cina che domenica saranno canonizzati dal Papa.

Dall'Umbria alla Cina nel solco del carisma francescano.

Domenica I ottobre, in apertura del mese missionario, Giovanni Paolo II canonizzerà 120 martiri della Cina. E’ l’ultima canonizzazione dell’anno giubilare che si avvia a conclusione con un mandato missionario. Eppure questa canonizzazione ha già suscitato polemiche: infatti già all’annuncio il ministero degli Esteri cinese aveva definito i missionari uccisi a inizio ‘900 “strumenti dell’invasione imperialista”. Ciò non corrisponde al vero sia perché la maggior parte dei martiri sono cinesi, sia perché i missionari si prodigarono moltissimo in opere sociali come scuole, orfanotrofi e l’assistenza dei più poveri durante le carestie, come mostra l’esempio di mons. Antonino Fantosati. L’accusa si fonda sul fatto che la missione per alcuni secoli è stata legata all’opera di colonizzazione ed ora il Governo cinese sta facendo un uso strumentale della storia per attaccare i cattolici che sono in Cina e separarli dalla comunione con la Chiesa universale rappresentata dal Papa. Anche in queste ultime settimane la persecuzione contro i cristiani è continuata con l’arresto di alcuni vescovi, oltre che di sacerdoti e laici, naturalmente tutti cinesi. Da parte sua la Chiesa Cattolica continua ad affermare la sua attenzione e rispetto per il popolo e la cultura cinese. Recente lo stesso cardinale Roger Etchegaray, presidente del Comitato centrale per il Giubileo del 2000, si è recato a Pechino, seppure in un viaggio a titolo personale. Con lui c’era anche il teologo italiano Bruno Forte, più volte inviato in Cina per tenere alcune relazioni in università e convegni locali. Nel popolo cinese c’è una forte domanda religiosa, dice Bruno Forte, distrutti i legami con il passato ad opera del comunismo, crollata l’ideologia marxista maoista la domanda di senso riemerge tra i cinesi. Come ricordava recentemente Bernardo Cervellera, giornalista del Pime vissuto per sette anni in Cina, i cattolici cinesi sono in continua crescita ed hanno una vitalità sorprendente. Il Governo cinese fa di tutto per staccare i cattolici da Roma, e per questo ha creato la ‘chiesa ufficilae’ riconosciuta, quella della “Associazione patriottica che procede alla ordinazione di vescovi anche senza il mandato della Santa Sede (le ultime sono dello scorso 6 gennaio). Nonostante ciò trai fedeli e i vescovi resiste il desiderio di rimanere fedeli al Papa. La prossima canonizzazione dei martiri cinesi ha il valore di un grande riconoscimento della vitalità dei cattolici cinesi, e costituisce un vincolo ancora più grande con la chiesa universale, fondato sulla testimonianza del sangue dei martiri. Inoltre non è solo un dono per la Cina ma anche per le nostre diocesi umbre. Due dei martiri, infatti, sono originari dell’Umbria: il beato Antonino Fantosati, frate minore nativo di Trevi, e suor Matia della Pace, suora francescana nativa di Bolsena, diocesi di Orvieto – Todi. Sia Fantosati che Maria della Pace, martiri in Cina nel 1900 a causa della rivolta dei Boxers, partirono dall’Umbria portando con loro una delle caratteristiche peculiari della loro terra e cioè il carisma francescano. Mossi da tale carisma essi si fecero attenti alla cultura cinese ed ai bisogni della gente: così Antonino Fantosati, con una cortesia francescana, adottò immediatamente gli usi cinesi, come l’abito, il modo di mangiare ed il colloquiare con i mandarini, mentre Maria della Pace assieme alle altre suore donò le sue energie all’assistenza delle bambine che venivano abbandonate. La canonizzazione di questi santi, martiri in Cina, è un’occasione per l’Umbria a non chiudersi nel particolarismo locale, ma ad aprirsi, come soleva dire Giovanni XXIII, ai grandi orizzonti della carità.

AUTORE: Pietro Messa ofm