È l’etica la nuova sfida del dialogo

Intervista al card. Koch, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani

Incontriamo il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, a Città della Pieve dove si è riunito la settimana scorsa il Comitato cattolico di collaborazione culturale con la Chiesa ortodossa e le antiche Chiese orientali.

Eminenza, la Giornata di Assisi che ha celebrato i 25 anni dell’incontro di preghiera per la pace ha avuto risonanza positiva nel mondo ecumenico?
“Posso dire che l’invito del Santo Padre è stato accolto dalle Chiese cristiane che sono venute, e questo è fondamentale. Il Papa in questa occasione ha fatto un grande e nuovo passo, invitando non solo altri cristiani e altre religioni ma anche filosofi agnostici. Era molto importante per il Papa poter indicare che molti uomini sono in viaggio per cercare e trovare la verità. Penso che sia una grande sfida, e posso citare la reazione del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che era molto grato per l’iniziativa”.

Oggi si discute di grandi questioni etiche, bioetiche e antropologiche. C’è rischio che questi temi siano di ostacolo al cammino per l’unità dei cristiani?
“Negli anni ’70-80 i teologi dicevano che il Credo divide e l’azione unisce. Oggi dobbiamo dire il contrario, che la fede unisce mentre abbiamo molte tensioni sul livello etico, ed è necessario approfondire queste tematiche nelle Chiese. Per esempio, nella Comunione mondiale anglicana il dibattito etico è molto profondo e rischia di portare allo scisma”.

Il cammino ecumenico ha comunque portato frutti…

“Sì, con delle differenze. Con le Chiese ortodosse abbiamo un grande fondamento comune di fede, ma un’altra cultura. Con le Chiese e comunità ecclesiali che sono nate dalla Riforma, non abbiamo lo stesso fondamento comune ma la stessa cultura. E oggi, a volte, per la gente la cultura è più importante della fede”.

Quale è il rischio più forte che corriamo nel dialogo ecumenico: confusione, accoglienza senza distinzioni, o riaffermazione fondamentalista della propria identità?
“Non soltanto nell’ecumenismo, ma in tutta la società abbiamo da una parte relativismo e soggettivismo, e dall’altra il fondamentalismo, in reazione al relativismo. Abbiamo i due estremi anche nell’ecumenismo: il relativismo di chi dice che abbiamo lo stesso Dio e la stessa fede e non ci sono differenze, e dall’altra parte un nuovo concentrarsi sull’identità confessionale. Il dialogo ecumenico deve essere approfondito, e nella meta della fede, la fede di Cristo, deve ritrovare l’unità. Questa è la grande sfida per l’ecumenismo, oggi”.

Benedetto XVI all’inizio del pontificato ha detto che l’ecumenismo ha bisogno di gesti concreti.

“Il Santo Padre ha un primato ecumenico perché accoglie e riceve molti ospiti del mondo dell’ecumenismo. Credo che per Benedetto XVI la vera grande sfida sia l’approfondimento dell’ecumenismo nella fede: questa è la realtà principale. Poi è chiaro che tutti i segni sono importanti, anche quelli delle Chiese locali”.

Come giungere all’unità?
“In duemila anni abbiamo avuto molte divisioni nella Chiesa ma abbiamo avuto due modelli molto diversi: la separazione della Chiesa tra Est e Ovest nel primo millennio, e la separazione nella Chiesa occidentale nel XVI secolo. Il dialogo dipende da questa realtà, perché con le Chiese ortodosse siamo separati da 1.500 anni, ma se io le incontro mi sento subito a casa perché abbiamo la stessa fede, la stessa ecclesiologia. Al contrario, le Chiese e comunità occidentali della Riforma hanno creato un nuovo tipo di Chiesa. In questo senso abbiamo molti più temi da approfondire con le Chiese protestanti che con le Chiese orientali e ortodosse”.

Borse di studio per favorire il dialogo tra cattolici e ortodossi

Il Comitato cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese ortodosse e le Chiese ortodosse orientali fa parte del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. “È l’organismo che cerca di concretizzare l’impegno del Pontificio consiglio” spiega il gesuita padre Milan Zust, segretario del Comitato, illustrando le iniziative che da 50 anni tessono nuove relazioni tra cattolici e ortodossi. Il Comitato svolge un’attività di sostegno alle Chiese ortodosse e alle antiche Chiese dell’Oriente attraverso l’attribuzione di borse di studio a candidati ortodossi presentati dalle proprie autorità ecclesiali; l’invio e la traduzione di libri e letteratura, di autori soprattutto del secondo millennio, e moderni, ai seminari e alle biblioteche ortodosse; la promozione di progetti a livello dei seminari e istituti di formazione e di dialogo. Alcuni degli ex borsisti sono diventati anche vescovi e metropoliti. “Tutte le iniziative – aggiunge padre Milan – mirano a far conoscere meglio la Chiesa cattolica agli ortodossi, che potranno così essere loro stessi ponte di dialogo con la propria Chiesa; ma anche i cattolici, i nostri seminaristi nei collegi, per esempio, vengono a conoscere meglio gli ortodossi. Così si creano legami di amicizia, e penso che sia molto importante, perché le ragioni della divisione sono state più un fatto di diversità di lingua e cultura, con conseguente malcomprensione e pregiudizi, che questioni teologiche”. Tuttavia all’estero capita di trovare opuscoli che descrivono la Chiesa cattolica come la madre di tutte le eresie e di tutti i peccati … “Sì, ma negli ultimi anni sono diminuiti e sono molto meno letti e diffusi. È vero, invece, che cresce il numero di coloro che hanno un vivo interesse verso la nostra Chiesa. Per esempio il sito internet dell’Accademia teologica di Mosca in varie lingue informa anche sui nuovi libri di autori cattolici e parla in positivo dei nostri teologi. D’altronde anche nella Chiesa cattolica capita di sentire pregiudizi nei confronti delle Chiese ortodosse…”.

AUTORE: Maria Rita Valli