E negli altri sacramenti?

DON ANGELO fanucciLa stessa carenza che mi sembra di aver riscontrato nel rito del battesimo, per quanto concerne la spinta all’azione evangelica, mi pare di poterla cogliere, con rammarico, anche nel rito degli altri sacramenti. Ce lo aspetteremmo nel rito della cresima, con il quale la Chiesa completa – per così dire – quello che fu donato con il battesimo, e l’iniziazione alla fede si completa protendendosi verso l’eucaristia. Ebbene, sia la Costituzione apostolica di Paolo VI sul sacramento della confermazione, sia il rito della cresima riformato dopo il Concilio, fanno perno in tutto e per tutto sull’iniziazione. Ma dopo Papa Francesco non possiamo non aspettarci che la cresima sia anche il sacramento del ‘lancio’ del giovane neofita sulle vie ampie e problematiche dell’evangelizzazione. Non è possibile che la Chiesa non gli dica: “Guarda, ragazzo, che là fuori c’è il mondo, e il mondo ha bisogno di te. Uomini che hanno smarrito il senso di se stessi, uomini che si odiano. Mettiti al servizio del recupero della loro umanità. E aiutali a capire, con il tuo comportamento, che Cristo non mortifica la vita, ma la esalta al di là di ogni possibile sogno”. Ce lo aspetteremmo nel rito dell’Ordinazione sacerdotale. Ed effettivamente, nella preghiera di ordinazione che segue immediatamente l’imposizione silenziosa delle mani da parte del Vescovo, la dimensione evangelizzatrice è centrale, centralissima, nel contesto di una sobria ed efficace delineazione dei compiti del sacerdozio ordinato.

Ma a me pare che in quella santa formula manchi un aggettivo che nella Chiesa di oggi, con Papa Francesco, assume un’importanza strategica: il sacerdozio ordinato è per sua natura una sacerdozio ministeriale, un sacerdozio di servizio. “Servizio” a chi e a che cosa? Al sacerdozio dei fedeli. Siamo onesti: noi preti, perlomeno la mia generazione, l’ultima “educata alla fede” (si fa per dire) prima del Concilio, pensavamo al sacerdozio dei fedeli come a una specie di innocuo cavalierato, senza alcuna incisiva presenza nella vita della Chiesa. Stanno lì, ai lati dell’altare, “i nostri fedeli migliori”, con la medaglia al petto e (nel caso dei Cavalieri: di Malta o del Santo Sepolcro o di San Giacomo d’Altopascio…) con il loro bel mantello adorno di croci. Sono lì in chiave – come dire? – ornamentale, titolari di un “sacerdozio dei fedeli” che è solo una specie di titolo nobiliare. “È”? Era un titolo nobiliare in più, perché la coscienza della Chiesa vede oggi in ogni fedele in quanto fedele, in quanto battezzato, in quanto titolare del sacerdozio, il protagonista assoluto della evangelizzazione. E il sacerdozio ordinato è al servizio di questo protagonismo. Si veda quello che la Relatio ad Synodum del card. Kasper dice della famiglia. Terrificante, per noi borghesucci. Ed esaltante, per i pochi cristiani che ancora esistono qua e là.

AUTORE: Angelo M. Fanucci

1 COMMENT

  1. Purtroppo non è cambiato molto, nonostante gli oltre cinquanta anni che ci separano dal Concilio ecumenico Vaticano II, almeno per quanto riguarda il cammino di Fede e il convolgimento dei laici, a cominciare da quella “conoscenza” che è Vita eterna.
    Gli attuali avvenimenti nella Chiesa ci passano “sopra la testa”, nonostante Internet.
    Urgentissimo ripartire dalle parrocchie!
    Emilio

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