E’ reato non abbattere le barriere architettoniche

Sentenza "storica" della Corte di Cassazione per 180 mila umbri

Dal testo di una mozione, presentata nei giorni scorsi al Consiglio regionale – e di cui abbiamo accennato la settimana scorsa su queste stesse colonne-, si è appreso che vi sono attualmente in Umbria circa 180 mila persone afflitte, in vario modo, da una qualche forma di handicap o di disabilità, fisica o psichica. Una forma di svantaggio, preoccupante e allarmante nelle proporzioni, che interessa il 21% della popolazione residente nella regione (circa 850 mila abitanti censiti) e che si traduce in un diffuso stato di sofferenza sociale coinvolgendo istituzioni di ogni livello ma, soprattutto, un grande numero di famiglie. Un grave stato di disagio che non può essere più lasciato soltanto all’assistenza (peraltro importante e benemerita) del volontariato o di episodiche e scollegate iniziative, ma che richiede l’intervento forte e programmato dei pubblici poteri. Il riferimento va, naturalmente, all’inserimento a pieno titolo dei disabili all’interno di relazioni sociali costruite, da sempre, su misura per i cosiddetti “normali”, con barriere architettoniche che costituiscono un invalicabile ostacolo all’accesso dei disabili. A questo punto viene da domandarsi: ma che cosa fanno i pubblici poteri per recuperare alla vita attiva questa quinta parte di popolazione sofferente? La risposta è, purtroppo, desolatamente negativa: poco, molto poco, troppo poco! Il bello è (si fa per dire!) che esiste una normativa legislativa, condensata in una Legge (la 118 del 30 marzo 1971) che ha posto i principi fondamentali in materia di invalidità civile, tra i quali, appunto, l’eliminazione delle barriere architettoniche negli uffici pubblici o aperti al pubblico, nonché l’accessibilità degl’invalidi non deambulanti ai mezzi pubblici di trasporto e ai luoghi pubblici. Questa normativa, come troppo spesso accade in questo benedetto Paese, è rimasta lettera morta fino a tutto il 27 aprile 1978 allorché è stato approvato l’immancabile Regolamento di esecuzione. Neppure questo è, tuttavia, bastato per rendere operativa la Legge, così come inevasa è passata la Legge-quadro (numero 104) che il 5 febbraio 1992 ha riproposto, in forma più organica, i principi informatori della Legge del 1971. ma neanche questo è stato sufficiente a spianare la strada a una normativa, l’inosservanza della quale lascia nel più completo abbandono (salvo recenti e episodici interventi) tanta parte della popolazione. Va quindi salutata con vivo favore e comprensibile soddisfazione la recente sentenza con la quale la suprema Corte di Cassazione, respingendo un ricorso avverso una sentenza del tribunale di Verbania, ha sanzionato un architetto alla pena di 20 milioni di ammenda, alla sospensione per tre mesi dall’Albo professionale e al risarcimento dei danni morali alle parti civili, “per avere, quale direttore dei lavori, realizzato la ristrutturazione di due sale cinematografiche senza avere provveduto a installarvi un ascensore fruibile dai disabili né un bagno a essi accessibile”. Uguale considerazione positiva va riservata alla decisione, manifestata dal Presidente della istituenda Banca di Credito Cooperativo, Alfredo Mignini, il quale ha pubblicamente dichiarato, in una nota alla stampa, che la sede del nuovo Istituto di Credito sarà provvista di strutture facilitative per i portatori di handicap che potranno fruire di uno sportello speciale.

AUTORE: Giancarlo Scoccia