Ecumenismo della carità

‘Pregate continuamente’ è l’esortazione con la quale le Chiese cristiane, nell’imminente appuntamento della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (che celebra anche il centenario dell’istituzione dell”ottavario per l’unità della Chiesa’), ribadiscono il ruolo essenziale della preghiera, che fa crescere e prosperare la spiritualità e la fratellanza. Il dialogo dell’amore, quello tra sorelle e fratelli, resta centrale nell’ecumenismo; non è una via laterale o parallela, e neppure secondaria rispetto, ad esempio, al dialogo teologico. Al contrario, è la via che lo fonda. Il Patriarca Atenagora con grande sapienza diceva: ‘Il dialogo propriamente teologico deve nascere all’interno del dialogo d’amore’. La teologia, in questo modo, viene come costretta dalla carità a privilegiare ciò che ci unisce, come del resto è accaduto nella realizzazione delle numerose Dichiarazioni comuni tra le Chiese, che hanno sgombrato il campo da tanti equivoci. Il dialogo teologico deve ovviamente continuare su non pochi punti che ancora dividono le Chiese. Tuttavia, se il clima di carità si affievolisce, lo stesso dialogo teologico segnerà il passo, perché sarà logico dare spazio alla rivendicazione di posizioni e alla difesa di privilegi. È perciò urgente che i cristiani si immergano nel campo vasto della carità, anche perché la storia corre veloce e ‘rema contro’. E il campo di impegno comune è vastissimo: si va dall’aiuto ai bisognosi a quello per i Paesi poveri, dall’impegno per la giustizia a quello del rispetto per i diritti umani, e così via. L’incontro e l’accordo nella carità non solo dà nuova forza al dialogo teologico e ne favorisce la ricezione, ma consolida l’ecumenismo in un terreno più sicuro, che fa superare i problemi concreti che continuano a presentarsi e che, altrimenti, rischiano di allontanare ancora una volta gli uni dagli altri. L’esempio dei martiri, nella prospettiva del dialogo dell’amore, fa davvero riflettere. Questa preziosa eredità, comune a tutte le Chiese cristiane, non è solo una memoria gloriosa del secolo passato; è invece un tesoro preziosissimo per la vita spirituale ed ecumenica di tutti. Non si tratta infatti solo di ‘eroi’ solitari, bensì di una massa di uomini e di donne, appartenenti a tutte le confessioni cristiane, che nel corso dell’ultimo secolo hanno testimoniato la fede sino all’effusione del sangue. L’ecumenismo non è una questione semplicemente ecclesiastica o unicamente di rapporti tra le Chiese. È ben di più. L’ecumenismo è una chiamata, una vera e propria vocazione alle Chiese, perché rispondano ai bisogni del mondo di oggi. Le Chiese cristiane debbono sentire congiuntamente la responsabilità di essere segno e strumento dell’unità della famiglia umana. Esse, infatti, non possono più vivere per se stesse, ma perché gli uomini e le donne si riconoscano tutti figli dell’unico Padre. Posta in questa prospettiva, la dimensione ecumenica spinge la Chiesa oltre i suoi stessi confini, nel senso di porre l’unione delle Chiese al servizio dell’unità della famiglia umana. In questo inizio del 2008, quando da decenni si celebra la giornata di Preghiera per l’unità dei cristiani, è utile ricordare come la fraternità della religione possa essere certamente lievito buono di fraternità per i popoli, così come la loro divisione lo è per i conflitti. La fraternità dei cristiani è quindi un’arma contro la crescita della conflittualità tra etnie, tra popoli, tra culture, tra religioni, tra civiltà. E la fraternità si realizza nella vita di ogni giorno con la preghiera comune, con lo scambio fraterno, con la solidarietà vicendevole, con la comune passione per il Vangelo.

AUTORE: ' Vincenzo Paglia