‘Eucarestia pane di vita’ seguendo l’insegnamento di Leone XIII

L'esortazione pastorale di mons.Chiaretti in occasione del Corpus Domini

L’Eucaristia come ‘segno più pregnante’ contro ogni cultura di morte e a favore della cultura della vita. E’ questo il messaggio che scaturisce dalle cinque pagine della nuova esortazione pastorale dell’Arcivescovo mons. Chiaretti, disponibile in questi giorni, dal titolo ‘Eucaristia, pane di vita’, documento scritto in occasione della solennità del Corpus Domini, che si celebra il prossimo 22 giugno, e all’insegna del magistero di Leone XIII, nell’anno centenario della sua morte. Sono diversi, infatti, i richiami alla Mirae Caritatis, l’enciclica scritta da Gioacchino Pecci nel 1902, nella quale ‘ ricorda il nostro Arcivescovo ‘ si intrecciano ‘valori religiosi e valori umani, sociali, civili’, un documento nel quale si legge come l’Eucaristia sia diventata anche socialmente visibile e utile come ‘forza creatrice di un ordine del tutto nuovo di cose, che s’infiltrò in tutte le vene della società domestica e civile’. Perché questo avvenga ancora oggi, nel contesto di una ‘certa cultura moderna, secolarizzata e sostanzialmente atea’, scrive mons. Chiaretti, in cui ‘non c’è più spazio per il peccato’, in cui ‘manca il rapporto del mistero della vita con il mistero di Dio’, e dove ‘la fede e la morale cristiana diventano sempre più residuati d’un tempo che fu’, occorre ‘insistere sul recupero pieno d’una cultura della vita che affondi le sue radici nella fede in Cristo morto e risorto’. Occorre, quindi, reagire, fare un ‘salto di qualità nella nostra testimonianza di fede per farci approdare ad un orizzonte di autenticità più motivata e coesa’. Essere anime eucaristiche, spiega l’Arcivescovo, significa perciò essere anime amanti della vita, ‘essere persone che vivono in stato abituale di grazia, di amicizia con Dio, lontano dal peccato’. E per giungere a questo ‘occorre rieducare le persone, a cominciare dai fanciulli, e dai ragazzi del catechismo, a vivere questo clima abituale di amicizia’, educare tutti a ‘chiamare per nome i propri peccati e a chiederne perdono quotidianamente’. ‘Senza questo dinamismo virtuoso ‘ conclude mons. Chiaretti ‘ che appartiene ad una ben consolidata tradizione educativa cristiana, non c’è formazione delle coscienze, né forza testimoniante, né personalità cristiana degna di rispetto’. Di conseguenza ‘non si identificano le vocazioni, non c’è cammino verso la santità’. Un richiamo, perciò, a considerare in tutta la loro valenza i percorsi sacramentali tradizionali della confessione e della comunione frequente, insieme ad una rivalutazione della guida spirituale. ‘Come non chiedere insistentemente questa forza ‘ scrive il Presule ‘ sostando in amorosa contemplazione dinanzi al Pane eucaristico?’; ed il suo è un richiamo che riecheggia quello di Giovanni Paolo II ad intrattenersi ogni giorno con ‘Cristo presente realmente nel sacramento dell’altare’, per lasciarsi condurre nei momenti importanti della vita, in quelli delle decisioni personali’ Insomma, l’Eucaristia come segno discriminante del cristiano, come criterio di autenticità nella sequela di Cristo. ‘Lontano dall’Eucaristia ‘ conclude l’Arcivescovo ‘ non c’è vita piena, non c’è pace, non c’è consolazione. Siamo come degli atleti senza forza e la nostra testimonianza si fa fioca ed incerta. Torniamo all’adorazione eucaristica, personale e comunitaria, per ritrovare quel coraggio e quella tenacia che ci permettono di essere evangelizzatori efficaci del nostro tempo’.

AUTORE: Francesca Acito