Famiglie in missione per il mondo

Il tema specifico della famiglia nelle terre di missione è stato affrontato da Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio (1981) n. 54: “Come già agli albori del cristianesimo Aquila e Priscilla si presentavano come coppia missionaria (At 18; Rom 16,3), così oggi la Chiesa testimonia la sua incessante novità e fioritura con la presenza di coniugi e di famiglie cristiane che, almeno per un certo periodo di tempo, vanno nelle terre di missione ad annunciare il Vangelo, servendo l’uomo con l’amore di Gesù Cristo”. Le stesse cose ha ripetuto sia nella Christifideles laici (1988) n. 35, sia nella Redemptoris missio (1990) n. 71. Era il riconoscimento e l’approvazione – se ce ne fosse stato bisogno – di quello che stava già avvenendo con l’invio in missione, sia nella formula “famiglie in missione”, sia nella formula più radicale e giuridica di missio ad gentes di intere famiglie da parte dei movimenti ecclesiali, particolarmente i Neocatecumenali.

Tra le propositiones del Sinodo sulla nuova evangelizzazione ce n’è una di particolare significato e importanza: “Il Sinodo guarda con favore le famiglie che lasciano le loro case per essere evangelizzatori per Cristo in altri paesi e culture” (n.48). Si badi: non parla di singoli membri della famiglia, ma di famiglie, cioè genitori e figli insieme. È da tempo che accanto ai missionari propriamente detti (sacerdoti, religiosi, religiose) si trovano laici e laiche, che fanno parte di gruppi di spiritualità delle diverse congregazioni religiose, i quali come oblati appoggiano con la loro opera specializzata l’attività dei missionari. Sono medici, infermieri, tecnici, che svolgono anch’essi un opera di grande rilievo sul piano assistenziale. C’è però anche un volontariato di famiglie che si fanno carico della evangelizzazione propriamente detta.

Papa Benedetto XVI nella esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini (2010) espresse “la più viva stima e gratitudine dei padri sinodali, nonché l’incoraggiamento per il servizio all’evangelizzazione che tanti laici, e in particolare le donne, offrono nelle comunità sparse per il mondo” (n. 94). Nell’incontro del 17 gennaio 2011, riservato alle famiglie inviate in missione, disse: “Sono particolarmente lieto di poter inviare oggi, in diverse parti del mondo, più di 200 nuove famiglie, che si sono rese disponibili con grande generosità e partono per la missione, unendosi alle circa 600 famiglie che già operano nei cinque Continenti. Care famiglie, la fede che avete ricevuto in dono sia quella luce posta sul candelabro, capace di indicare agli uomini la via del Cielo. Con lo stesso sentimento invierò anche 13 nuovi missiones ad gentes, che saranno chiamate a realizzare una nuova presenza ecclesiale in ambiti molto secolarizzati di vari Paesi… Possiate sempre sentire accanto a voi la presenza viva del Signore risorto e l’accompagnamento di tanti fratelli, così come la preghiera del Papa, che è con voi”.

Nella sua visita in Germania nel 2011, congedandosi all’aeroporto di Lahr, incoraggiò la Chiesa locale a disseminare l’attuale società secolarizzata con “comunità piccole di credenti, che con il proprio entusiasmo diffondono raggi di luce nella società pluralista, rendendo altri curiosi di cercare la Luce che dà vita in abbondanza”. Ciò dicendo, si riferiva all’invio di famiglie cristiane, da lui richiesto, a Kemnitz, la città di Karl Marx, perché annunciassero, già solo con la loro presenza di famiglie unite e aperte alla vita, la verità su Dio, su Cristo, sulla Chiesa, in un ambiente di scetticismo e ateismo conclamato.

Questa attenzione dei Papi e dei Sinodi a tali nuove presenze missionarie di famiglie, provenienti oggi in gran parte dal movimento neocatecumenale, e non più solo di consacrati e di oblati, sta ad indicare una crescita notevole del laicato cristiano, che dobbiamo incoraggiare e seguire con interessamento, preghiera, affetto. È quello che il Concilio chiedeva nell’Ad gentes 41, e nell’Apostolicam actuositatem 10-11. A solo titolo di curiosità, diciamo che in questo migliaio di famiglie, fatte di genitori e di figli disperse per il mondo, ce ne sono una trentina anche dell’Umbria, presenti dalla Siberia alla Cina continentale. Questi sono fatti del tutto nuovi, che ci chiedono di riflettere seriamente sul loro significato.

AUTORE: † Giuseppe Chiaretti Arcivescovo emerito di Perugia - Città della Pieve