Firmata l/Intesa tra Ceu e Regione sull/assistenza religiosa negli ospedali

La Chiesa più presente in corsia e vicino ai malati

Un protocollo d’intesa d’ora in poi, regolerà i rapporti tra le istituzioni sanitarie umbre e i malati che desiderano avere la comunità cristiana accanto, quando la salute vacilla. Al centro di tutto, le persone malate. Accanto a loro il personale medico e paramedico, ma anche quel tessuto di relazioni umane fondamentali che, per i cristiani, sono espresse in modo significativo dalla comunità ecclesiale che è fatta di laici e laiche, di religiosi e religiose, di sacerdoti. E’ cambiata la filosofia: dall’assistenza di un incaricato, alla presenza della Chiesa. Da una pastorale essenzialmente sacramentaria, al “ministero della consolazione”. E’ stato riconosciuto nei fatti che il malato, a fianco della patologia, per cui è richiesta l’opera dei sanitari, ha bisogno anche d’altro: come si dice in Oriente, ogni malato è anche “malato d’anima”. La persona è più grande del corpo che la connota. Non basta certamente aver dalle Autorità il consenso a dare accesso ai luoghi di cura alle “cappellanie”, anziché ai soli cappellani. Occorre preparare e motivare quanti si renderanno disponibili ad esercitare il ministero accanto ai malati: non già formazione di un volontariato sanitario, ma ministri della carità, allenati ad affiancare chi è nella sofferenza, a sostenere chi è in cerca della speranza e del dono della guarigione. La motivazione interiore delle nuove “cappellanie” non si ottiene solo con una preparazione culturale adeguata: ogni ministero nella Chiesa ha bisogno di un processo di maturazione dove scienza ed esperienza si uniscano alla Grazia. Ma non possiamo prescindere né dalla scienza, né dall’esperienza. Per la prima vogliamo ricordare che la nostra Regione ha il vantaggio di avere una scuola per gli operatori della Pastorale della sanità, che è strumento efficace per far passare le cognizioni necessarie a chi si affianca ad un infermo, per chi entra nell’ospedale a rappresentare la Chiesa. La “cappellania” infatti è designata dal Vescovo, come il cappellano. Anche il presbitero che esercita il ministero in ospedale riceve una diversa connotazione, divenendo essenzialmente un “inviato” del Vescovo, finalmente liberato dalla incongrua posizione di semplice “dipendente pubblico”. Di qui la possibilità di dare la propria opera “part time”; o la possibilità di essere “inviato”, anche dopo l’età prevista per il lavoro dei pubblici dipendenti, giacché stare accanto ai malati richiede una speciale vocazione ed è gran dono l’esperienza acquisita. La nuova convenzione è anche una sfida alle otto Chiese d’Umbria a far passare l’idea che accanto ai malati si deve evitare l’improvvisazione, se si vuole assicurare una efficace presenza pastorale. Occorre rispondere al precetto del Signore “Ero malato e siete venuti a visitarmi”(Mt 25,36): deve essere una visita al Signore, non altro. Nessuno come chi è nella sofferenza è tanto vicino al Signore. Niente è più disdicevole che una improvvisazione piena solo di zelo e inadeguata alla psicologia di chi è nella malattia, o poco rispettosa della sua persona. La nuova condizione che si avvia nella Pastorale sanitaria esprime la sensibilità ecclesiale del nostro tempo. Ci è chiesto di dare tutta la necessaria attenzione alla Parola: parola di uomini e Parola di Dio. La parola di chi sa addolcire il dolore del prossimo; la Parola che salva e svela la via della vita. L’istituzione pubblica in Umbria ha dato prova di credere nella libertà; si è resa disponibile a favorire la centralità della persona inferma, con la complessità delle sue esigenze, che non possono essere esaurite solo nella materialità delle cure sanitarie. Curare è innanzitutto farsi carico delle preoccupazioni e delle sofferenze dell’altro. Già la sapienza degli antichi riconosceva che divinum lenire dolorem: non basta l’uomo e la sua scienza accanto a chi soffre. La nuova convenzione assicura accanto al malato anche chi sa orientare al soprannaturale: in Umbria, terra di Santi, è un bel segno che si recuperi, con la Chiesa, anche la pace e la forza che agli infermi giungono dall’Alto. La nuova situazione della Pastorale sanitaria porta con sé anche altro, oltre l’ospedale. I tempi della sanità oggi si sono sensibilmente contratti: spesso il malato è invitato a tornare alla propria abitazione dopo pochi giorni di ricovero. Chi è solo, magari anziano o in difficoltà; chi in questa bellissima nostra regione vive lontano dai servizi pubblici, e talvolta solo, ha bisogno di una rete di solidarietà che vada oltre il pubblico. La carità della comunità cristiana è sempre più interpellata. C’è da chiedersi se non valga la pena di rilanciare l’impegno a costituire caritas parrocchiali o di Unità pastorale. C’è da chiedersi se la nostra gente non abbia tra i propri bisogni emergenti anche ambiti che riguardano la Pastorale sanitaria. Pare sempre più chiaro che si debbano rivedere le tradizionali distinzioni all’interno delle opere cattoliche e se non si debba mettere più organicità nei nostri servizi: sarebbe un modo semplice e concreto per dare ancora centralità alla persona, come da secoli la Chiesa insegna, che è poi uno dei più grandi tesori del Vangelo.

AUTORE: + Riccardo Fontana