Georgia – Umbria dialogo di carità tra due Chiese

Di ritorno dalla Georgia mons. Fontana parla del valore ecumenico della visita

La delegazione umbra della Caritas è rientrata in Italia dopo la missione in Georgia. Tutti oramai sappiamo delle difficoltà che il popolo georgiano sta affrontando. La Caritas regionale, su questo fronte, si è mobilitata e continuerà a farlo. Molta gente però potrebbe chiedersi come la gente, e soprattutto la Chiesa ortodossa, vede questo interessamento della Chiesa cattolica. Ne parliamo con l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Riccardo Fontana che ha guidato il gruppo umbro nel Caucaso. Eccellenza, come ha trovato la Georgia due anni dopo la sua precedente visita? “Male. Non ci sono parole per spiegare quello che il popolo georgiano sta vivendo. Fin quando non ci si reca personalmente sul posto è difficile capire. Pensi che ho visto tanti bambini tra la neve, molti profughi ripararsi nei miseri resti delle case distrutte. Mi sono detto: ma questo è il presepio. Subito mi è venuto in mente il grande affresco di Filippino Lippi presente nel mio Duomo, dove la Natività di Gesù è la risposta divina alla città dell’uomo distrutta dalle lotte fratricide e dalla violenza”. Come è stata accolta dalla gente locale la vostra delegazione? “Direi molto bene. Tra i poveri dell’Ossezia nelle case bombardate e bruciate, da noi visitate, a chi ci chiedeva chi fossimo abbiamo risposto d’esser cattolici romani. Anche i più semplici hanno capito. “Cristiani come noi” hanno commentato. Eppure da quelle parti non arriva neanche la televisione. Nei monti del Caucaso insanguinati dai calcoli politici di equilibri lontani, tra la gente passa più la carità che non le parole o le promesse”. Avete incontrato la comunità Ortodossa georgiana? “Il patriarca Elia II di Georgia ha salutato la nostra delegazione dicendo che non è mai stato nella nostra terra, ma che conosce e venera i santi Benedetto e Francesco, e in essi ama riconoscerci tutti. Si è interessato quanto i presenti fossero lontano da Assisi, e ha detto che in Georgia tutti conoscono i nostri santi. Ha gradito molto la nostra visita in Ossezia e ci ha detto di ringraziare di cuore la nostra gente per la delicatezza che ha avuto, e che continuerà ad avere, nei confronti del suo popolo”. Quindi non è vero che gli Ortodossi sono chiusi al dialogo con le altre chiese cristiane e con le altre religioni, in modo particolare con il Cristianesimo? “Per spiegarci con quali sentimenti la gente del Caucaso accoglie la carità della Chiesa cattolica romana, Elia II ci ha raccontato una vecchia storia di quando egli stesso era bambino. I suoi genitori avevano degli amici musulmani che varie volte di passaggio per la sua città venivano ospitati in casa. Era una gran festa. Anche i bambini aiutavano a stendere nella camera da letto degli ospiti dei tappeti perché, si sa, i musulmani pregano Dio inginocchiandosi sopra i tappeti. La famiglia ortodossa pregava davanti alla bella icona di casa, i musulmani sui tappeti, ma Dio era sempre lo stesso e nella fraternità della mensa gli uni e gli altri condividevano la stessa serenità d’essere in pace con Dio e col prossimo, in amicizia”. Quale è stato il ricordo più bello che questa visita le ha lasciato? “Il 22 novembre in Georgia, terra appunto di san Giorgio, è la festa del Patrono, l’antico cavaliere che sconfigge il dragone del male. Alla caduta del comunismo tutto il popolo si è tassato e ha voluto sul colle ad oriente del fiume nel cuore di Tbilisi una grande chiesa dedicata alla Trinità. I giornali hanno scritto che è il segno della rinascita e della dignità di un popolo provato ma non vinto. Per la dedicazione erano convenuti in Georgia vescovi di tutte le Chiese della santa Ortodossia: l’inviato del Patriarca di Costantinopoli, di quello di Mosca, di quello di Belgrado. Vescovi armeni, caldei, copti, siriaci. Con il Nunzio apostolico ero stato invitato anch’io. Al ringraziamento del Patriarca per i gesti di comunione delle Chiese sorelle, sono rimasto colpito quando il vecchio Pontefice georgiano da ultimo ha detto la sua contentezza perché c’erano in Chiesa anche due vescovi della Chiesa di Roma, che auspicando una futura ripresa della comunione, intanto si era fatta presente ai georgiani con la carità. In quella situazione mi sono reso conto che i gesti semplici della carità riescono ad essere capiti e corrono più veloci delle istituzioni”.

AUTORE: Francesco Carlini