Giovani estroversi portatori di idee

Convegno delle Chiese umbre sui mass media: una riflessione su come debba essere oggi l'animatore della cultura. L'intervento del direttore dell'Ufficio Cei per le comunicazioni sociali

‘È necessaria la presenza di una nuova figura d’animatore che si prenda a cuore quei settori oggi trascurati e poco valorizzati, affinché l’intera comunità, in ogni sua articolazione, sia più capace di comunicare, ossia’ sia veramente estroversa’ (Comunicazione e missione, n. 123). È soltanto questa esigenza di estroversione della Chiesa che spiega perché in Italia da almeno un decennio si sia messa a tema la figura di un nuovo soggetto pastorale. La carta d’identità di questa possibile presenza può essere così descritta: è uno/a che ha forti motivazioni ideali e religiose, che conosce bene i nuovi linguaggi e sa muoversi in essi con disinvoltura, è un educatore appassionato, è possibilmente un giovane. Perché un giovane? Perché normalmente i giovani coltivano volentieri competenze informatiche, musicali, mass-mediali, artistiche, socio-culturali. Per di più sono elastici, intraprendenti e disponibili ad avviare esperienze nuove. Naturalmente non basta la buona volontà e non basta ovviamente essere giovani. Anzi c’è spazio per tutti, a condizione che si verifichino alcune condizioni. La prima è trovare persone capaci di interpretare il tempo che stiamo vivendo. Come ebbe a dire Giovanni Paolo II nel celebre convegno ‘Parabole medianiche’ (2002): ‘In questo campo servono operai che, con il genio della fede, sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo tra le persone e i popoli’. Non può diventare animatore chi non abbia una capacità di giudizio intorno al passaggio epocale che stiamo vivendo, senza indulgere ad atteggiamenti nostalgici e acritici. Ci vuole gente che sappia farsi carico del travaglio culturale che è sotto i nostri occhi. La seconda condizione è che chi vuol far l’animatore sia spinto dalla voglia di ricercare la verità intorno all’uomo e intorno a Dio. Ricercare vuol dire non smettere l’interrogazione sulle grandi questioni dell’uomo e lasciarsi provocare dalla domanda intorno a Dio, se non ci si vuol perdere in un orizzonte asfittico. Come ci ha ricordato Benedetto XVI nel suo incontro con il mondo della cultura (12 settembre), nel suo recente viaggio in Francia: ‘Quaerere Deum, cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario che in tempi passati. Una cultura meramente positivista, che rimuovesse nel campo soggettivo, come non scientifica, la domanda circa Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi’. La terza condizione è quella di comunicare attraverso persone autentiche che ‘facciano la differenza’ rispetto ad un sistema mediatico sempre più esponenziale, in cui d’altra parte la variabile umana è ancora oggi la cosa più necessaria. A questo proposito due osservazioni del citato Direttorio risultano pertinenti. La prima è che ‘il progetto culturale non ha tanto bisogno di specialisti della cultura, ma di animatori che nella pastorale ordinaria, intesa in senso ampio, sappiano conferire spessore culturale alle iniziative della comunità ecclesiale’ (n. 122). La seconda è che solo animatori di tale genere possono arricchire il ‘dibattito pubblico, sia per la loro competenza in ambiti specifici sia per evitare la ricorrente semplificazione mediatica che riduce il punto di vista dei cattolici alla voce di ecclesiastici, alimentando così una stereotipata immagine ‘clericale’ della Chiesa’ (n. 149). Il Convegno regionale sull’informazione in Umbria, nei prossimi giorni, potrebbe rivelarsi un tassello importante in questo nuovo scenario appena tratteggiato. Il tempo ci dirà quanto.

AUTORE: Domenico Pompili