«Quando incontro i giovani, in qualunque luogo del mondo, attendo prima di tutto ciò che vorranno dirmi di loro, della loro società, della loro Chiesa. E sempre li rendo consapevoli di questo: “Non è affatto più importane ciò che vi dirò: importante è ciò che mi direte voi”». Queste parole, tratte da uno dei capitoli più intensi del libro-intervista Varcare le soglie della speranza, riassumono efficacemente il significato più profondo della pastorale di Giovanni Paolo II verso il mondo giovanile.
Il successo delle parole di Giovanni Paolo II tra i giovani
Prima della parola viene l’ascolto, prima del messaggio viene la disponibilità a decifrare le speranze e le inquietudini che attraversano le giovani generazioni. Insegnamento che continua ad essere attuale a venti anni dalla sua morte. E qui sta anche la chiave del grande successo che i gesti e le parole del Papa hanno incontrato tra i giovani.
Questi ultimi, abituati a trovarsi di fronte adulti che si ergono a maestri incontestabili e impenetrabili o, al contrario, scelgono la via di una fuga precipitosa di fronte alle loro responsabilità di educatori, in Giovanni Paolo II hanno trovato coniugate la disponibilità al dialogo e l’autorità di un magistero credibile perché coerente.
Giovanni Paolo II sollecitava domande, provocava interrogativi
Nei suoi ripetuti incontri con loro, specialmente nel corso delle Giornate Mondiali della Gioventù, il Papa non si è mai stancato di sollecitare domande, provocare interrogativi, far emergere incertezze. È l’atteggiamento del Vangelo, che parte dai problemi degli uomini per dare loro risposte di verità eterna che sanno però incarnarsi nella storia degli individui e dei popoli. E quando Giovanni Paolo II parlava dei giovani come della “speranza della Chiesa”, le sue parole non suonavano retoriche, non lasciavano addosso il sapore di un’adulazione che tende a blandire e a coccolare per conquistare simpatie.
Quella del Papa è stata sempre una voce forte, che annuncia con chiarezza, senza tentennamenti e compromessi, il nocciolo duro del messaggio cristiano; che non promette strade facili verso una vita tranquilla né profetizza stagioni senza dolori e crisi. Al contrario, egli chiedeva ai giovani di fare i conti con se stessi fino in fondo; di porsi le domande che cercano e danno un senso all’esistenza.
Ai giovani: “Non abbiate paura!”
Il ruolo che Giovanni Paolo II ha interpretato nei confronti delle giovani generazioni è stato quello di un padre amorevole e severo, che sa piegarsi su fragilità e dubbi ma non ammette alibi per il disimpegno. Il suo grido era sempre lo stesso: «Non abbiate paura!». Al Papa sembravano interessare relativamente gli approcci sociologici con la realtà giovanile.
Scuotere le coscienze, entrare in dialogo diretto con i giovani
Non che ne fosse all’oscuro o non ne tenesse conto; ma il suo obiettivo era un altro: scuotere le coscienze, entrare in dialogo diretto, provocare un interesse in grado di cambiare gli orizzonti della vita. La risposta dei giovani, a questo punto, poteva essere duplice: voltare le spalle e cambiare strada, magari con dentro il rammarico per una grande occasione perduta; oppure accettare una sfida che rimette in gioco la vita.
Molti si soffermano in un atteggiamento sterile di denuncia, accusando le nuove generazioni di galleggiare nel nulla, di attardarsi nel guado tra un passato che non c’è più e un futuro che non c’è ancora. La strategia del Papa era diversa: il futuro incomincia qui e ora. E se i giovani vogliono esserne protagonisti e non spettatori, non hanno che una strada da seguire: quella di Cristo e della sua croce. Il problema non è denunciare, ma proporre. La risposta non sta nell’impotenza delle analisi, ma nell’efficacia delle testimonianze. Per il Papa i giovani si interpellavano così, senza sconti o mediazioni, con un linguaggio che chiama le cose per nome, che va alla radice dei problemi e delle risposte.
Nel 2000 un vecchio Papa ha aiutato le nuove generazioni a scoprire la loro giovinezza
A Roma, nel cuore del Grande Giubileo dell’anno 2000, un vecchio Papa ha aiutato le giovani generazioni a scoprire la loro giovinezza. Ha insegnato loro a cercare di nuovo con passione la vita e l’amore, senza tener conto del prezzo da pagare; li ha lanciati nel mondo: «Voi porterete l’annuncio di Cristo nel nuovo millennio. È urgente cambiare strada nella direzione di Cristo, che è anche la direzione della giustizia, della solidarietà, dell’impegno per una società ed un futuro degni dell’uomo». Rimane scolpita nella memoria l’immagine di Giovanni Paolo II che la sera del 19 agosto del 2000 varca la soglia della porta monumentale sulla spianata di Tor Vergata, tenendo per mano i giovani dei cinque continenti.
E tornano alla mente le parole di André, il ragazzo guineano che lo ha accolto in piazza San Pietro il 15 agosto: “Tutti noi giovani che siamo qui presenti questa sera siamo cresciuti insieme a Lei; la maggior parte di noi, in effetti, ha la stessa età del suo Pontificato. Grazie di averci condotto per mano verso questo nuovo millennio, precedendoci e indicandoci il sentiero con amore e pazienza”.
L’appello di Giovanni Paolo II, formulato all’inizio del ministero petrino il 22 ottobre del 1978, ripetuto e declinato in mille modi diversi durante i 27 anni di pontificato, risuona ancora oggi in tutta la sua urgenza: «Non abbiate paura! Aprite, spalancate le porte a Cristo! Non abbiate paura! Cristo sa che cosa c’è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!».
Renato Boccardo
arcivescovo di Spoleto-Norcia