I fatti che ci hanno sconvolto

Intervento di mons. Riccardo Fontana sulle recenti tragedie di Spoleto

Recenti fatti di sangue hanno tristemente sconvolto Spoleto e il suo circondario, come un’esplosione che non avremmo mai voluto vedere o, piuttosto, come un vaso di Pandora che trabocca. Al dolore di tutta la comunità si affianca, con delicatezza, la pena della Chiesa diocesana, che prega per il riposo eterno dei morti. Ma anche si fa vicina, con affetto, alle famiglie che sono state segnate dagli eventi di questi giorni, mentre cerca di capire il senso delle cose. Anche nel silenzio dell’Umbria verde è evidentemente arrivato lo sconquasso del tempo presente. Al dolore si unisce la voglia e l’impegno di fare di più. I fatti di questi giorni mostrano con sufficiente chiarezza un male che ci interpella. Don Mazzolari usava ripetere che, ad ogni buon parroco che si affaccia al pulpito, devono fare la predica i banchi vuoti della sua chiesa, che mormorano nel silenzio: non ancora, non abbastanza. In queste ore mi sovviene la domanda biblica di Dio a Caino: ‘Dove è Abele, tuo fratello?’ (Gen. 4,9). Vi sono dei peccati imputabili per quello che uno ha fatto; ma ve ne sono anche per quello che uno ha omesso di fare, contraddicendo al suo compito. A volte vi sono delle storie che, pur senza essere peccato, sono omissioni che ci interpellano nel vivere civile, ma anche sulla prassi pastorale che stiamo praticando. Forse anche noi dobbiamo ascoltare quel ‘non ancora, non abbastanza’, che viene fuori dal vuoto che si è creato in questi giorni. Il Signore ci ha mandato ad annunziare ai poveri il lieto messaggio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e a predicare un anno di grazia del Signore. Tra i poveri del Vangelo vi sono certamente le vittime di questa terribile settimana; ma forse vi sono anche gli oppressori, se mai volessero rendersi conto del male enorme che hanno fatto; certamente vi sono le loro famiglie. La giustizia degli uomini farà doverosamente il suo corso, ma, per ritrovare tutti la pace, dobbiamo interrogarci e porci con umiltà davanti a Dio, chiedendogli ancora una volta di perdonare le nostre colpe, come noi le perdoniamo ai nostri debitori. Marco l’altra mattina, presso il Ponte delle Torri, la ragazza disperata venuta dall’altra parte del mondo, famiglie attonite per le vicende che hanno visto figli e fratelli imprevedibili autori di violenza, sono il riferimento di una storia di sofferenza che merita tutto il nostro rispetto. Non chiedono di essere giudicati, ma ci provocano a prendere posizione. La malattia, quella mentale soprattutto – fatta di depressione, scompensi, paure – merita comunque una speciale considerazione. La carità di Cristo, che è affidata alle nostre mani di cristiani, ci chiede di fare di più: i figli sono figli anche per la Chiesa e vanno cresciuti, educati, affiancati e, se necessario, curati. Dalla lezione amarissima di questi giorni mi viene a mente il dovere di spendermi, o di spenderci di più per le marginalità che hanno provocato grandissimo dolore. Alla mancanza di senso della vita, ai miti del guadagno facile, che evidentemente hanno mostrato la loro faccia da falsi dei, la Chiesa sente il dovere di contraporre l’umiltà di san Francesco e la regola di vita di san Benedetto, come segno concreto di speranza. Vi sono mali inevitabili; ma ve ne sono altri, tanti, ai quali il buon Dio ci ha insegnato come fare a trovarne rimedio. Porto nel cuore un sogno in questi momenti di dolore. Alla preghiera si affianca la voglia di fare di più; la Chiesa vuole tornare ad essere più significativa in mezzo alla gente, a spendersi ascoltando e illuminando, riproponendo a tutti quella civiltà dell’amore, che smette d’essere utopia ogni volta che, con il sacrificio di sé, i cristiani sanno farla diventare storia. Le generazioni che ci hanno preceduto in questo territorio ci sono di esempio e di consiglio. Come loro, mi vien voglia di ripetere una vecchia pagina del catechismo, forse da noi non sufficientemente praticata: ‘consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti’.

AUTORE: ' Riccardo Fontana