I nostri fratelli diaconi

Sono appena di ritorno, insieme al vescovo Ceccobelli, dalla storica abbazia di Farfa, nella diocesi di Sabina-Poggio Mirteto, dove abbiamo partecipato a un incontro regionale dei diaconi del Lazio. “Che bel clima abbiamo respirato” mi ripeteva mons. Ceccobelli. Uomini di media età, quasi tutti sposati, con le loro spose, impegnati nelle più diverse professioni secolari, che si erano ritrovati insieme per approfondire il senso di una vocazione speciale di estrema umiltà e gratuità. Anche l’Umbria ha i suoi diaconi, ogni diocesi ha il suo gruppo.

La loro immagine, tuttavia, corre il rischio di venire falsata come quella di un sostituto che viene a supplire, e in maniera incompleta, la mancanza di preti. Una figura meramente funzionale. Eppure nella costituzione conciliare Lumen gentium, in cui il Vaticano II espone le basi teologiche del ministero ecclesiastico, il diaconato, al pari del presbiterato, partecipa di quell’unica consacrazione sacramentale che si conferisce con l’imposizione delle mani e che trova la sua pienezza nell’episcopato.

Finché, prima del Concilio, si considerava il diaconato come un gradino di accesso al presbiterato, il diacono occupava un posto inferiore a quello che al presbiterato si assegnava nella gerarchia. Si tratta certamente per il diacono di una minore partecipazione al ministero del vescovo. D’altra parte il vescovo ha bisogno di tutte due le braccia (presbiterato e diaconato), le quali svolgono compiti diversi ma che sono chiamate a lavorare insieme.

Ai diaconi, dice la Lumen gentium, sono imposte le mani “non per il sacerdozio ma per il servizio”. Si tratta del servizio (diaconia) della liturgia, della Parola e della carità. La diaconia rappresenta una dimensione essenziale della Chiesa e una componente determinante della missione propria del vescovo. Il diacono la svolge partecipando al ministero del vescovo, rappresentando in tal modo lo stesso Gesù buon pastore che è venuto per servire e non per essere servito.

Il suo servizio diaconale dovrà affascinare anche altri fratelli e sorelle, incoraggiarli e rinvigorirli nella loro vocazione, aiutarli a servire ogni prossimo, come ha fatto Gesù. I nostri fratelli diaconi – per la massima parte uomini sposati con moglie e figli, impegnati nelle più varie professioni secolari – per accedere al diaconato si sono sottoposti a un severo impegno di formazione comprendente lo studio della teologia, difficilmente portato avanti negli istituti specializzati a causa degli impegni lavorativi, optando perciò per corsi personalizzati più lunghi e più duri, unendovi anche un adeguato tirocinio pastorale, e soprattutto portando avanti un cammino spirituale per disporsi alla grazia dello Spirito che nell’ordinazione li rende immagini di Cristo servo (Mc 10,45).

Non altra prospettiva li ha attratti. Del tutto volontario e gratuito è il loro ministero. Vivendo la stessa vita dei laici, pur diventando chierici con l’ordinazione, essi riescono a realizzare dentro la vita del mondo la loro testimonianza e il loro servizio di grazia. Così dobbiamo guardare i nostri fratelli diaconi.

AUTORE: Mons. Pietro Bottaccioli