Icone serbe degli zΩgrafi

Alla Galleria nazionale dell’Umbria in esposizione 34 “Icone serbe fra tradizione e modernità” risalenti alla prima metà del XVIII secolo provenienti dalla Galleria della Matica Sprska di Novi Sad
Hristofor Zefarovic, San Demetrio, 1735 circa
Hristofor Zefarovic, San Demetrio, 1735 circa

La Galleria nazionale dell’Umbria ospita dal 23 luglio al 25 ottobre la mostra “ZΩgrafi. Icone serbe fra tradizione e modernità. Paralleli”. L’esposizione raccoglie 34 icone serbe della prima metà del XVIII secolo provenienti dalla collezione della Galleria di Matica Srpska di Novi Sad; una di queste, la “Madonna della Consolazione” viene messa in parallelo, come sottolineato anche nel titolo della mostra, con tre icone rappresentanti la “Madonna del Latte” della Galleria nazionale dell’Umbria.

Le 34 icone, che fanno parte di una ben più ampia raccolta di icone conservate nella Galleria serba, “rappresentano – spiega a La Voce Daniela Korolija Crkvenjakov, conservatrice e restauratrice della Galleria serba – come un ponte tra il tradizionale stile post-bizantino e le aspirazioni dell’arte barocca dell’Europa centrale a dimostrazione che pur all’interno del chiuso impero ottomano le influenze esterne, grazie agli Asburgo, riuscirono a penetrare”.

Il percorso ha inizio con due tra le immagini più antiche della raccolta: l’“Annunciazione”, icona di un artista sconosciuto, eseguita nello stile della migliore tradizione post-bizantina e “Il martirio dei dieci martiri cretesi”, opera del pittore Viktor, icona eseguita nello stile italo-cretese che dimostra l’influenza della produzione europea occidentale sull’arte serba.

Il resto delle opere sono una rappresentazione della ricchezza iconografica della Galleria della Matica Srpska: tutte colpiscono per la forte espressività iconografica, la ricchezza cromatica, oltreché per le decorazioni che richiamano un certo stile barocco. Vennero realizzate dai cosiddetti zΩgrafi, “pittori itineranti, spesso monaci e sacerdoti – spiega la Korolija – per le iconòstasi delle piccole chiese delle parrocchie che sorsero nei territori di nuova migrazione delle popolazioni serbe costrette durante la Grande migrazione del 1690 a spostarsi verso il nord dei Balcani in un periodo storico e politico molto difficile caratterizzato della guerra degli ottomani contro gli Asburgo.

Si tratta di opere estremamente interessanti – prosegue – e che cambiano completamente lo stato dell’arte creatosi dopo tale Migrazione e che costituiscono l’anello mancante di tale periodo storico artistico. Ne furono ritrovate tantissime il che dimostra la popolarità di tale produzione e la lunga fortuna”.

Il loro recupero è avvenuto dopo la II Guerra mondiale nel corso di un’operazione di ricognizione in varie chiese nella vasta area del Metropolitanato di Sremski Karlovci: “erano in pessime condizioni, nere e cariche di olio sulle superfici, abbandonate presso chiese chiuse, non più utilizzate per le celebrazioni, perché sostituite da icone più moderne, alcune provengono da donazioni”.

Pittore ignoto, Madonna del Bambino, 1742
Pittore ignoto, Madonna del Bambino, 1742

Molte sono realizzate su legno, altre su vetro e latta. Restaurate e parzialmente studiate (di loro e dei loro autori, per lo più sconosciuti, non si conosce quasi nulla – sottolinea la Korolija) ora fanno parte di una collezione permanente all’interno della Galleria serba.

“La mostra di Perugia è anche un’occasione per approfondirne lo studio – prosegue ancora la restauratrice – conoscere meglio le tecniche e i materiali usati, i colori, cercando dei paralleli con l’arte italiana del periodo grazie al gruppo di studio multidisciplinare, in particolare in collaborazione con l’Università di Perugia e il Molab del Cnr della stessa Università che ci permetterà di leggere con speciali attrezzature la pellicola pittorica”.

La mostra è la conclusione di un’idea che ha preso avvio nel 2012, nell’ambito di una collaborazione tra enti italiani e serbi preposti alla tutela del patrimonio culturale e che fa seguito alla firma di protocolli d’intesa tra i due Paesi e che finora hanno avuto come risultato anche la mostra “Umanesimo e Rinascimento nell’Appennino centrale. Paralleli” realizzata nel 2013 nella Galleria della Matica srpska a Novi Sad e che ha ospitato alcune opere italiane del Rinascimento.

Programmi didattici

La mostra è finanziata dal ministero per la Cultura e l’informazione della Repubblica serba e l’assessorato provinciale per la cultura e l’informazione della Provincia autonoma della Vojvodina, ed è stata supportata dall’Istituto provinciale per la tutela dei beni culturali e le Università di Novi Sad, Belgrado, Perugia e Roma. Nel corso dell’esposizione ci sarà un programma didattico per bambini e delle conferenze.

 

AUTORE: Manuela Acito