Il Battista e Gesù

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Giulio Michelini III Domenica di Avvento - anno A

La scorsa settimana abbiamo insistito sulle differenze che caratterizzano le idee di Gesù e quelle del Battista, soprattutto sulla questione del rapporto con Dio attraverso il puro e l’impuro. Infatti, a leggere i vangeli, si vede che Gesù – pur avendo grande stima del suo precursore (“tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista”, Mt 11,11a), ne ridimensiona la sua figura: “tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui” (Mt 11,11b). Forse una spiegazione in questa parola così forte sta nel fatto che il Battista non aveva colto l’identità del Messia inviato da Dio. Il Messia che Giovanni si aspetta, infatti, è un Messia venuto a fare strage dei peccatori.

Abbiamo letto nel Vangelo di domenica scorsa che per Giovanni “la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco” (Mt 3,10), e, ancora, che il Messia “ha in mano il ventilabro e brucerà la pula con un fuoco inestinguibile” (Mt 3,12). Il Messia che Giovanni si immagina, e che conseguentemente annuncia, è descritto come uno che metterà le cose a posto, risolvendo per sempre il problema fondamentale che ogni uomo ha con Dio: il peccato. Il peccato e il Battista Giovanni postula a riguardo una soluzione molto semplice: la distruzione, resa con l’immagine del fuoco, di ogni peccato. Il problema è che con il peccato viene bruciato anche il peccatore.

Romano Penna scrive che per Giovanni “Dio da una parte si configurava come un giudice inesorabile, che avrebbe ricompensato solo in base all’osservanza della Legge stessa, mentre dall’altra appariva come un predestinatore insindacabile, che già ab aeterno distingueva gli uomini tra figli della luce e figli delle tenebre. In questo quadro non c’è posto per la misericordia di un Dio paterno, ma solo per la giustizia impietosa di un sovrano, e il Messia è presentato perciò come un luogotenente escatologico altrettanto impietoso”. Come ci si poteva difendere da tale terribile avvento del Messia? Solo con la conversione ed il battesimo: “l’invito di Giovanni alla penitenza e il battesimo che impartiva sembrano una forma di difesa contro l’azione terrificante di colui che deve venire. Guai a chi non si sarà pentito e non sarà stato purificato all’arrivo di colui che deve venire. La venuta di Colui che deve venire produrrà la salvezza attraverso la distruzione. Colui che deve venire è un giustiziere terribile più che un salvatore” (Sacchi).

Eppure, la storia della salvezza inizia con il Battista: è lui il messaggero, come dice Gesù, ma il suo messaggio è inadeguato per i tempi nuovi, per il nuovo regno di Dio, per il Messia: Giovanni precorre sì il Messia, Gesù di Nazareth, che battezzerà, ma con lo Spirito santo, e non con il fuoco e la distruzione: “È lui che fu distrutto, non i malvagi” (Sacchi). Il battesimo di Gesù fu invece nella misericordia. È un dato dimenticato o rimosso dai sinottici, ma come già il Battista, anche Gesù fu un battezzatore. Ce lo dice l’evangelista Giovanni: “Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché c’era là molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era stato ancora imprigionato” (Gv 3,22-24).

La prassi battesimale di Gesù deve essere confluita poi alla Chiesa primitiva, che ce l’ha trasmessa proprio nel segno del perdono dei peccati. È questo aspetto, infatti, che meglio caratterizza il Messia che è Gesù rispetto a quello atteso dal Battista. Gesù è colui che libera il suo popolo dai peccati, risparmiandolo però nella misericordia, e questo infatti significa il suo nome, come spiega l’angelo a Giuseppe in Mt 1,21: “Essa (la Vergine) partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Ma un ricordo del passato che Gesù ha vissuto con il Battista è rimasto nelle sue parole, e secondo Meier è da cercare comunque nell’idea del giudizio: “Gesù spostò il baricentro della sua predicazione dall’imminente giudizio di Dio all’offerta della misericordia di Dio, ma non smise mai di proclamare il messaggio del Battista che preannunciava una futura venuta di Dio come giudice, una venuta incombente”.

Il Battista ci aiuta quindi a centrare almeno due aspetti. Da una parte, si deve dire che davvero è difficile comprendere chi è il Messia e quale Dio egli annunci. Come ha fatto Giovanni, ci aspetteremmo anche noi un Messia che mette in ordine le cose, che le aggiusta con la mano forte, che finalmente vendica le ingiustizie e punisce i cattivi. Gesù si distacca da questa immagine e sempre ci supera con la sua misericordia. Egli vuole la conversione del peccatore, e non la sua morte, la distruzione del peccato, e non di chi lo compie, la purità del cuore, e non solo quella esteriore. Dall’altra parte, si deve dire però che Gesù non fa comunque ‘sconti’: il giudizio, come già diceva Giovanni, ci sarà comunque. Dio ha pazienza con le sue creature, ma la sua giustizia viene, e questa dobbiamo anche noi aspettare con timore e speranza nella misericordia di Dio.

AUTORE: Giulio Michelini