Il ’68 nel mondo del lavoro. Diritti o oltranzismo?

IL MIO '68 - La testimonianza di un lavoratore, rappresentante sindacale

Quarant’anni fa sono entrato nel mondo del lavoro come dipendente del servizio elettrico. Diplomato ragioniere nel ’64, in pieno boom economico, avrei anche potuto trovare subito una buona occupazione, ma preferii iscrivermi ad Economia e commercio con l’intento di studiare, effettuare il servizio di leva e cercare nel contempo un buon lavoro. Nel ’66 ho terminato i quindici mesi di militare (come ufficiale di complemento), più maturo e con una decina di esami superati. Dopo qualche colloquio per l’assunzione alla Perugina, alla Fiat e ad una banca locale, nel ’67 mi si presentò un concorso da ragioniere all’Enel, che sostenni con un buon piazzamento in graduatoria. Fatti sei mesi di corso al Compartimento di Roma, nel maggio ’68 fui assunto all’Enel di Perugia. Debbo dire che per noi giovani degli anni Sessanta è stato molto più agevole trovare un posto fisso; per un giovane di oggi è come vincere un terno al lotto. Gli elettricisti, i bancari, gli agenti della telefonia o delle assicurazioni erano allora fra le categorie con contratti collettivi più avanzati, pertanto mi ritenevo soddisfatto di iniziare a lavorare a 24 anni, con oltre tre quarti di esami universitari superati, presso il nuovo ente pubblico in pieno sviluppo; e nel giugno ’69 conseguivo l’agognata laurea in Economia e commercio. Ma cosa c’entra tutta questa premessa personale con il Sessantotto? C’entra, perché da studente sono stato lambito dal fenomeno, ma da lavoratore sono stato coinvolto. All’Enel ho verificato l’autoritarismo dei capi anziani provenienti dalle ex imprese elettriche, in contrasto con l’apparente disponibilità dei dirigenti che, da buoni progressisti, erano subito pronti a compromettersi con la schiera dei sindacalisti, i quali all’Enel non avevano grandi violazioni dei diritti da tutelare ma, più montando che risolvendo i problemi, volevano far pesare il loro ruolo. In Italia prendeva piede un movimento sindacale unitario Cgil-Cisl-Uil che con l’assemblearismo voleva sostituirsi ai partiti; ricordo le ripercussioni di sciopero nazionale che fece cadere un Governo Rumor. Ma ancora meglio ricordo la mattina in cui all’Enel arrivò la notizia dell’assassinio della scorta e del rapimento di Moro: gli uffici si svuotarono in cinque minuti, senza alcuna ufficialità di sciopero proclamato. Amareggiati e frastornati, il sottoscritto ed i pochi rimasti dietro le scrivanie ci chiedevamo cosa c’entrasse l’Enel, che avrebbe subìto il fermo delle centrali; o l’utente, che avrebbe avuto ripercussioni nel servizio. Numerosi erano stati gli ‘scioperi politici’: chi scrive, pur rappresentante sindacale, non vi ha mai aderito, per contestare all’interno dell’organizzazione quel fare politica che esulava dai compiti del sindacato. I responsabili sindacali della mia organizzazione Cisl locale, pur tenuti a censurarmi, dimostrando una certa correttezza non lo hanno mai fatto. Nella Cisl degli ‘elettrici’ veramente c’erano allora oneste figure di sindacalisti che ancora lavoravano, ma nelle altre federazioni a livello nazionale si attestavano i sindacalisti oltranzisti che si confrontavano con una dirigenza Enel che era più disponibile ad accordare le pretese che a verificare la problematica, sia nei confronti dell’efficienza del servizio che nei riflessi sul personale. Le carriere si dovevano appiattire, imperava l’egualitaralismo, nella nostra categoria vennero abolite alcune indennità a favore dei laureati o specializzati. A livello nazionale in tema di sanità pubblica sparirono le Casse mutue e l’Inam per far posto nel ’77 al Servizio sanitario nazionale.Personalmente, non soddisfatto delle mansioni ripetitive che mi erano state assegnate. Riporto la risposta del dirigente Enel cui sottoponevo l’opportunità di utilizzare meglio le mie conoscenze in tema di organizzazione aziendale: ‘L’Enel paga bene i suoi dipendenti, pertanto può permettersi di fargli fare ciò che più gli piace’. Con questo realizzavo che il mio titolo di studio, per la mia carriera, era più un handicap che un titolo di merito, in quanto perturbava quell’appiattimento che il sindacato perseguiva. Pazientemente e diligentemente ho seguitato a guadagnarmi lo stipendio anche se altri avanzavano solo perché sapevano vendersi meglio. Inoltre collaboravo con quegli onesti responsabili sindacali della Cisl che di fatto tiravano la martinicchia a quel pansidacalismo che marciava a sinistra ostentando L’Unità sottobraccio, e che l’Enel certo non contrastava.

AUTORE: Mario Fedeli