Il card. Bagnasco: “Il popolo italiano non si arrende”

CEI. La prolusione del card. Bagnasco al Consiglio permanente

Le gravi questioni del momento, dall’economia alla politica, dalla corruzione alla disoccupazione giovanile, dall’attacco all’istituto della famiglia a quello verso la vita sono state al centro dell’analisi che il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Angelo Bagnasco, ha proposto lunedì sera – 24 settembre – nella prolusione ai lavori del Consiglio episcopale permanente Cei riunito a Roma. Il suo discorso – undici pagine di testo con ampi riferimenti a diversi interventi recenti del Papa – ha preso le mosse dall’esigenza “di meglio comprendere le radici profonde, culturali, morali ed economiche, della crisi”, anche se “non è la prima volta, nell’Italia moderna, che si debbano affrontare prove dure e inesorabili”. “Forse, in altri passaggi – ha aggiunto – s’imponevano convinzione diffusa, coraggio corale, quasi un entusiasmo contagioso”. Invece oggi sembra non essere più così. Anzi, il Cardinale presidente ha notato che il Paese è come avvolto in “una cappa di sfiducia”, “fattore più pernicioso e pervasivo”, a cui fa da contrasto soltanto un “popolo che tiene, resiste; naturalmente si interroga e patisce; ma non si arrende e vuol reagire”. Tra l’altro, le sue parole sulla inaccettabilità di un sistema politico corrotto sono state messe in relazione, più o meno diretta, con le dimissioni della governatrice del Lazio a seguito dello scandalo delle “spese” dei consiglieri.

Per una pastorale dinamica. La morte di don Ivan Martini nella sua chiesa colpita dal terremoto, la scomparsa del card. Carlo Maria Martini, quella pochi giorni dopo del vescovo emerito mons. Maffeo Ducoli, i “tradimenti impensabili” che hanno riguardato la Casa pontificia sono stati richiamati dal card. Bagnasco per ricordare una verità: “La Chiesa non è moribonda – come a volte si vorrebbe e viene rappresentata… La Chiesa è unita e, seppure sotto sforzo, vuole affrontare le traversie del tempo con umiltà, vigore e lungimiranza”. Da questo riconoscimento ha quindi fatto derivare il legame del popolo cristiano con gli eventi che ci attendono – Anno della fede, Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione, ricordo dei 50 anni del Concilio e dei 20 del Catechismo della Chiesa cattolica – auspicando per questi tempi nuovi e difficili “una pastorale non più solo stanziale” ma aperta a “un contesto culturale dinamico”. Di fronte a un Dio “diventato per molti il grande Sconosciuto” ha auspicato un annuncio più incisivo, fatto anche con gli strumenti di cui la Chiesa italiana dispone (Avvenire, Sir, Tv2000). I protagonisti di questo impegno per riavvicinare gli uomini a Dio – ha poi ricordato – sono da un lato il clero, per il quale urge “una decisa accelerazione alla pastorale vocazionale” per avere “preti entusiasti, con una chiara identità”; e il laicato fatto di “credenti di prim’ordine, con una forte presa soprannaturale”.

Le riforme attese. Riprendendo il tema della crisi, il Cardinale ha deplorato il “reticolo di corruttele e di scandali” emerso in questi ultimi tempi, creando “una rafforzata indignazione che la classe politica continua a sottovalutare”. Ha quindi auspicato “riforme tanto importanti quanto attese”, avendo presente le imminenti elezioni che rappresentano “non un passaggio taumaturgico, ma un vincolo democraticamente insuperabile, e quindi qualificante e decisivo”. Del resto, la crisi “che non è congiunturale ma di sistema” esige di essere affrontata con “competenza e autorevolezza”. Diversamente, il futuro sarebbe ancora più nero per i giovani che – ha detto – “sono il nostro maggiore assillo” perché “è intollerabile lo sperpero antropologico di cui, loro malgrado, sono attori”. Parole accorate e ferme il porporato ha usato anche a proposito degli attacchi alla famiglia, con la rivendicazione delle unioni di fatto cui “assicurare gli stessi diritti della famiglia fondata sul matrimonio, senza l’aggravio dei suoi doveri”. Da qui ha fatto derivare la richiesta alla politica di “presidiare in maniera privilegiata la famiglia, riconoscendo pubblicamente il valore unico e ponendo in essere le misure necessarie e urgenti, affinché non sia umiliata e non deperisca”. Forte il richiamo anche ai valori “non negoziabili”, tra cui quello alla tutela della vita contro, ad esempio, la richiesta “palese o larvata” di introduzione dell’eutanasia. In questo quadro ha ricordato che la comunità civile attende “il varo definitivo, da parte del Senato, del provvedimento relativo al fine vita, cioè le Dat (Dichiarazioni anticipate di trattamento)”.