Il cristianesimo sorgente dell’unità dei popoli d’Europa

RADICI CRISTIANE DELL'EUROPA / 5 L'intervento di Giovanni Barberini

La necessità di realizzare una ricomposizione del continente europeo non è ritenuta, nella mente di Wojtyla, una scelta politica pragmatica, ma dettata da fattori di natura spirituale ma resa ancor più attuale dalle presenti circostanze storiche. Il pensiero del Pontefice può essere così sintetizzato: – l’Europa non fu la prima culla del Cristianesimo, tuttavia l’Europa è divenuta come il letto di un grande fiume dove il Cristianesimo si è diffuso; – l’unità dei popoli europei è fondata sulla comune fede cristiana, tanto che la fede è da considerare l’anima dell’Europa, continente che fu omogeneo e spiritualmente unito; – la identità europea è incomprensibile senza il Cristianesimo nel quale si ritrovano le radici di quell’Europa che fu la Cristianità: la storia dell’Europa è una storia cristiana e quelle radici sono punti di riferimento imprescindibili per ricomporre in modo nuovo ed attuale l’unità del continente; – nonostante tutte le diversità, le guerre (anche le guerre dei popoli cristiani fra loro), le crisi spirituali e le divisioni storiche e politiche, vi è lo stesso Cristianesimo che costituisce di per sé una profonda solidarietà e che conserva una “forza unificante”; – la civiltà europea è basata sul Vangelo, fermento per un umanesimo permeato di valori perenni e anche codice di vita largamente accettato; – vi è la necessità di risvegliare l’anima cristiana dell’Europa; il suo rinnovamento e la sua riunificazione possono avvenire riferendosi alle radici che le hanno dato l’esistenza; – in queste radici si ritrovano quelle ragioni etiche che sono in grado di realizzare la vera unità del continente, data l’insufficienza delle ragioni economiche e politiche, come l’esperienza ha ampiamente dimostrato. Valori comuni. – La riflessione sulla civiltà della quale ognuno di noi fa parte è densa di problemi e di interrogativi; è una riflessione che pone la questione: come interpretare e valutare tale civiltà e tali modelli di vita. E una riflessione complessa e differenziata: sono legittime le diversità esistenti nella lettura della storia della civiltà europea e delle vicende che hanno interessato il continente. Tuttavia, se noi consideriamo i fatti umani, le vicende culturali e sociali, la storia, insomma, come un grande fiume che raccoglie affluenti nella sua discesa verso il mare, è possibile identificare alcuni valori comuni originari delle popolazioni europee; valori che, pur in presenza di rilevanti diversificazioni intervenute successivamente – diversificazioni per costumi, per concezioni filosofiche e sistemi di vita, per condizioni ambientali, ecc. – caratterizzano la vita singola e associata di coloro che vivono in Europa da europei, costituendone la civiltà o, se si preferisce, mutuando l’espressione francese, la civilizzazione. Sappiamo che civilizzare ha voluto dire rendere capaci gli uomini di vivere socialmente, affinare i costumi, elevarsi razionalmente e moralmente. I veri confini dell’Europa non sono costituiti da mari o da catene montagnose, ma da un sistema di convinzioni e di idee radicate nelle coscienze. In tal senso, presenta certamente una sua validità la chiave di lettura offerta da Giovanni Paolo II. I valori sono le convinzioni, le regole etiche e sociali di comportamento, i criteri valutativi del bene e del male. La civilizzazione cristiana li ha riassunti nel senso dell’uomo e della sua dignità. Questo senso dell’uomo e della sua dignità è sempre stato poi elemento caratterizzante della vita di coloro che si sono chiamati europei e si è manifestato e si manifesta in modo molteplice: la dignità della persona umana e la tendenza a collocarla al centro del sistema; i concetti di persona e di solidarietà germinati nel pensiero cristiano, che hanno rappresentato un utile punto di riferimento anche per altre culture; il sentimento della giustizia, la laboriosità, lo spirito di iniziativa; la concezione e il senso della famiglia, il rispetto della vita e la tolleranza; una concezione della libertà politica collegata all’istituzione democratica, pur con una coscienza sociale diversificata, con fasi alterne e con un pluralismo di modelli politici. Il richiamo, dunque, a tali comuni valori che si vogliono ritenere di origine cristiana è valido; ma si deve precisare che i popoli europei sembrano ancor oggi tenuti insieme da un groviglio di comuni valori che evidenziano le contraddizioni e le lotte che fanno parte della storia europea. Non si può dimenticare quanto sia stato difficile riuscire a coniugare insieme Cristianesimo e democrazia politica e libertà, come pure non si può dire che il capitalismo e il marxismo, nati nel pensiero europeo, nelle letture o applicazioni socio-politiche che si sono date anche nella storia più recente abbiano sempre tenuto l’uomo al centro del sistema. Giovanni Paolo II ha affermato a più riprese che la storia d’Europa è una storia cristiana. Certamente lo spirito e il carattere cristiano si ritrovano nella storia della filosofia e dell’arte, della letteratura, della musica, della cinematografia, del teatro, nella storia del diritto e delle istituzioni politiche. Ma non va sottovalutato – agli effetti di una riflessione obiettiva e compiuta – il rischio di un esclusivismo, il rischio di considerare come il tutto ciò che invece è una parte, pur fondamentale, un elemento pur caratterizzante della storia e della vita dell’Europa. L’Europa, la coscienza europea, la sua civiltà non è nata tutta intera, ma si è costruita con fasi successive anche ben identificabili. Certamente il Cristianesimo ha proposto un uomo diverso. Il Cristianesimo si è impegnato in una lotta totale contro gli idoli, ma anche in una gigantesca trasformazione, anche nelle istituzioni, almeno fino al sec. XIII, tra tutte le popolazioni europee, le antiche e le nuove, per fondere le loro diversità in un’unità che non era più di questo o di quel popolo, ma dell’Europa cristiana. E su questo primo carattere inconfondibile della civiltà europea ci sostiene l’autorità di Benedetto Croce in “Perché non possiamo non dirci cristiani”: “Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto”. E indica la ragione: “La rivoluzione cristiana operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale…”.

AUTORE: Giovanni Barberini