Il culto di sant’Ubaldo dalle origini ai giorni nostri

Esce un esaustivo saggio sul Bollettino della deputazione di storia patria per l’Umbria

Il culto di sant’Ubaldo è stato approfondito in una ricerca degli studiosi Giuseppe Nardelli e Patrizia Biscarini, pubblicato nel Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria. Si tratta di una monografia nella quale i due ricercatori hanno indagato inediti aspetti legati alla devozione dei Conti e Duchi di Urbino per il Patrono, oltre alle pratiche e modalità più antiche con cui si chiedevano grazie, compresa quella di salire scalzi fino alla basilica del Santo. Nardelli e Biscarini hanno portato alla luce inediti documenti cinquecenteschi del Fondo Ducato d’Urbino dell’archivio di Firenze, con uno studio che si colloca tra l’indagine sul culto e l’analisi degli aspetti taumaturgici e terapeutico-medici. La devozione di recarsi alla sua tomba per implorare grazie è iniziata subito dopo la morte. A potenziare e rilanciare in modo consistente la figura di sant’Ubaldo, a partire dal 1511, hanno contribuito papa Giulio II (Della Rovere) e soprattutto le duchesse Elisabetta ed Eleonora Gonzaga, la prima vedova di Guidubaldo Montefeltro e la seconda moglie di Francesco Maria I Della Rovere. E proprio un documento relativo ad Eleonora Gonzaga testimonia che nel 1528 era usuale salire al monte scalzi; si tratta di una coppa in maiolica a lustro, uscita dalla bottega di mastro Giorgio Andreoli in cui per la prima volta viene raffigurata una visitatrice della tomba a piedi nudi. Gli autori analizzano gli interventi taumaturgici di Ubaldo, a partire dai primi che “vanno posti – come scrive il Cenci – fra il 1155 ed il 1160”, e gli altri numerosi miracoli riconducibili in un periodo successivo alla morte. Nel corso del 1600, in particolare il canonico lateranense e rettore del monastero, Carlo Olivieri, che non a caso è esorcista ed autore di uno specifico testo di scongiuri e benedizioni specifiche, sembra voler sottolineare ed implementare gli interventi diretti agli ossessi, spiritati, ed in genere contro le possessioni diaboliche, portando a valorizzare il santuario come sede terapeutica e meta finale di un percorso che riporta la salute. È possibile ricondurre gli interventi miracolosi in 24 raggruppamenti, che comprendono 186 casi in cui si è manifestata la guarigione, con oltre quaranta diverse patologie, dagli “spiritati” agli incidenti legati al quotidiano, fino alle forme psichiatriche più estreme della “pazzia e frenesia”, ma con una buona incidenza degli interventi in occasione di gravidanze, parto ed anche di sterilità, in linea con la tradizione del più famoso intervento sulla gravidanza della duchessa. I fedeli provengono dal Perugino, dal territorio umbro-marchigiano, ma persino da Montefiascone, Civitella d’Abruzzo, Modena, Parma, Siena, Ravenna, Roma e Sutri di Roma, “Regno di Napoli”. Anche il capitolo sulle reliquie presenta elementi nuovi e sottolineature non del tutto indagate con approfondimenti anche “tecnici”. La gamma delle reliquie o della formulazione di un voto è estremamente ampia: sono ben quindici i tipi, “mirati” spesso alla malattia per la quale si deve operare il miracolo. Vanno dal “votare” la persona a Ubaldo alla promessa di “visitare il Corpo del Santo”, ad utilizzare la reliquie del Velo e del “ Bombage”, bere l’ acqua della fonte di Vallingegno fatta sgorgare dal Santo per la madre affaticata e stanca, compiere unzioni con l’olio aromatico benedetto “inventato” dallo stesso Olivieri, ma anche cingersi con la catena (traino) del carro tirato da due tori non domati utilizzato per la traslazione (11 settembre 1194) che si trovava nel chiostro (attualmente smarrito), adagiarsi o anche dormire nel letto del Santo che si trovava sotto l’urna. E infine, salire scalzi alla basilica. Lo studio è accompagnato da una esauriente bibliografia e da un’appendice documentaria.

AUTORE: G. B.