Il disarmo delle parole

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Nella lettera di risposta inviata da Papa Francesco a Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, il 14 marzo, si legge: “Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità”. Voce isolata, quella del Papa che, ancora una volta con profonda lungimiranza, ci porta ad affrontare una condizione generale nella quale oggi si sta favorendo un ritorno alla guerra in grande stile.

La corsa al riarmo, con la conseguente crescita di utili per le aziende armiere (a questo proposito è inspiegabile che non si proponga una tassazione per gli extraprofitti in questo settore) non sono che la punta dell’iceberg di una condizione generale che consenta di considerare la guerra uno strumento idoneo, efficace e necessario per risolvere le crisi o le controversie o i conflitti che dir si voglia.

Papa Francesco capovolge il percorso e, prima ancora di arrivare a parlare di smantellamento dei programmi di riarmo, indica come prima istanza il disarmo delle parole. Perché con grandissima evidenza oggi a preparare il terreno alla guerra vi è l’inasprimento delle parole sprezzanti, arroganti, prepotenti che feriscono l’armonia, indeboliscono l’amicizia tra i popoli e seminano odio. A pensarci bene, il disarmo delle parole, può costituire il programma che accompagni il cammino di penitenza e conversione di questo ultimo tratto della Quaresima.

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