Il fascino misterioso e sempre nuovo della corsa dei Ceri

Tanta emozione per la festa eugubina, la prima del nuovo millennio

Gubbio ha consegnato agli archivi un’altra splendida, suggestiva ed emozionante “Festa dei Ceri”, la prima del terzo millennio. “Festa” straordinaria ed incredibile: coinvolge e travolge, emoziona e commuove attraverso processi misteriosi che “colpiscono” tutti senza distinzione di e e di provenienza. “Non capisco perché – sottolineava Pasquale Lucertini – quando vedo i Ceri sfilare davanti ai miei occhi un nodo mi serra la gola e le lacrime vengano fuori in maniera irrefrenabile.Eppure non sono eugubino. Il fatto è un altro: la Festa dei Ceri ti coinvolge per quel fascino misterioso che ha saputo conservare intatto nel corso dei secoli, per quella genuinità che avverti in ogni frangente. Bravi eugubini, conservatela ancora così”. E come Lucertini sono stati tantissimi, ancora una volta, coloro che si sono commossi, hanno applaudito, hanno gridato, si sono entusiasmati, si sono emozionati, hanno avuto anche qualche attimo di paura nel seguire le fasi salienti della manifestazione. E’ iniziata presto, come sempre: i “tamburini” hanno trovato una città già sveglia. L’incontro presso la chiesa dei muratori con i Capitani Luigi Belardi e Alessandro Piermattei, la visita al cimitero, la Santa Messa celebrata dal cappellano don Giuliano Salciarini e poi il trasferimento dei santi nella Sala dell’Arengo. Tutte cerimonie che introducono il momento saliente della mattinata: l’ “investitura” del Primo capitano Luigi Belardi presente il Sindaco ed il Vescovo, l’ “alzata” in una piazza Grande gremita fino all’inverosimile, sottolineata dai “ritmi” del Campanone e da “gesti” mandati a memoria, il lancio delle tre artistiche “brocche” da parte dei capodieci Luigi Moretti per il Cero di S.Ubaldo, Piero Angelo Radicchi per San Giorgio, Raffaele Pellegrini per Sant’Antonio. Attimi di attesa bruciati in un’ovazione di ammirazione, sottolineato dal fruscio he accompagna il rapido passaggio dei “ceri” dalla posizione orizzontale a quella verticale. E’ un momento impressionante per tensione e coinvolgimento. La “mostra” per le vie della città, l’attesa in via Savelli della Porta, la benedizione del vescovo Bottaccioli all’inizio della “calata dei Neri”, definita dal poeta Marvardi “in articulo mortis” e quindi…la travolgente corsa serale che vede i ceri attraversare la città a ritmi travolgenti e commoventi (vero Lucertini?), con le “mute” (cambio dei ceraioli) che si alternano con sincronismi rapidi, macchie di giallo, azzurro e nero che si compongono e scompongono con straordinario effetto cromatico, il commiato dalla città con le “birate” in piazza Grande, l’assalto finale e senza paura al Monte Ingino per completare il gesto di amore e devozione al patrono S.Ubaldo, “origine” vera di questa suggestiva “Festa”. Tutto preciso, tutto perfetto, tutto straordinario. Sant’Ubaldo chiude agevolmente il “portone” del chiostro del Convento, ma aspetta poi San Giorgio e Sant’Antonio per completare, insieme, l’omaggio al Patrono. Il terzo millennio non poteva cominciare meglio

AUTORE: G.B.