Il G8 visto dall’Africa: parla padre Francesco Pierli missionario in Kenia

P. Pierli è a Città di Castello per un breve periodo di riposo. Riparte il 2 agosto

Globalizzazione: da neocolonialismo a solidarietàNel 1995 si è celebrato il cinquantesimo di fondazione della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, i due massimi organismi del mondo finanziario. La storia di queste due istituzioni è variegata, e per molti versi unilaterale, proprio perché affrontano il complesso mondo dello sviluppo e dell’economia mondiale in termini prettamente finanziari e favorevoli verso una minima parte degli abitanti della terra: il 20% della popolazione mondiale – rappresentati dai signori del G8 – e che consumano l’88% delle risorse del mondo. Alla fine degli anni Ottanta, tali istituzioni escogitarono il famoso e famigerato Programma di aggiustamento strutturale, un programma imposto a tutta l’Africa e altre nazioni in via di sviluppo per ripagare il debito e rafforzare le monete locali ad ogni costo. Per riflettere sulle conseguenze di tale programma, il 25 aprile dell’anno sopra menzionato fu organizzata, a Nairobi, una giornata di riflessione e di valutazione fra alcuni rappresentanti di tali istituzioni e un gruppo di missionari. Io ero uno di loro. Al centro della discussione vi erano le conseguenze derivanti dall’aggiustamento strutturale imposto alle nazioni povere. Nella mente di alcuni di noi missionari era chiaro il fatto che il Sap era uno delle espressioni più evidenti della incipiente globalizzazione, vale a dire del sorgere di un potere soprannazionale del denaro, senza nessun mandato popolare, ma a servizio della finanza e del potere economico delle nazioni ricche, precisamente quelle che oggi costituiscono il G8. * Noi missionari sottolineammo il prezzo sociale tremendamente negativo della politica del Fmi e della Bm: tagli su tutti i servizi sociali pubblici, come la scuola, le strutture sanitarie, strade, telefono, acqua potabile, ecc. In altre parole, diminuire la produzione di cibo per il consumo interno e coltivare fiori, caffè, frutta, per il fabbisogno dell’Europa e della America del Nord. L’imposizione fatta a queste nazioni povere e indebitate di ristrutturare anche l’ agricoltura tradizionale e di passare dalla produzione di cibo per il fabbisogno locale a quei prodotti di esportazione per ottenere moneta pregiata per pagare i debiti aveva già iniziato a manifestare il suo risvolto negativo tramite il sorgere nella popolazione di malattie tipiche dovute a malnutrizione derivante da diete povere di varietà di cibi. * Per attuare tale piano, e per farsi ripagare i debiti, diverse banche e multinazionali della frutta, del caffè e del legname forzarono i governi locali governi ad assegnare loro grandi appezzamenti di terreni. I contratti ne prevedevano l’uso per monoculture intensive per sei-dieci anni. I proprietari di tali terreni, i migliori per fertilità e acqua, furono deportati a forza in zone aride e lontane dalla vie di comunicazione e di scambio. Le conseguenze furono ovvie: grande aumento di miseria e di fame, e ulteriore ingigantimento del flusso migratorio verso le baraccopoli delle grandi città. * Di fronte alle nostre denuncie e richieste di cambiare rotta, i funzionari della politica del FMI e BM risposero con marcata arroganza. Secondo loro, noi missionari, avevamo buon cuore, ma non testa per capire i meccanismi della finanza. Gli inconvenienti – asserivano – sarebbero scomparsi nel giro di pochi anni; ed erano il prezzo obbligatorio da pagare per sradicare la povertà. * Oggi dopo 6 anni, tutti convengono sulla giustezza delle denuncie di noi missionari, ripetute e propagandate attraverso molti mezzi di comunicazione sociale. L’incontro dei G8 a Genova offre la possibilità di fare arrivare le obiezioni e proposte dei poveri ai capi di governo delle nazioni che hanno una voce decisiva sulla strutturazione della finanza mondiale. Sei anni fa la nostra voce fu ignorata. Oggi non più! Sono milioni coloro che la pensano allo stesso modo e grazie ai mezzi di comunicazione, di Internet soprattutto, riescono a creare movimento e a mobilitare buona parte dell’opinione pubblica. Dopo Genova sarà più difficile fare finta di non udire la voce dei cinque miliardi di persone che non sono ufficialmente rappresentate nel G8; infatti, i signori del G8 ne rappresentano solo un miliardo! Opzione non violentaCi sono perciò molti motivi per rallegrarsi del fatto che il G8 sia stato preceduto da incontri e, a volte anche scontri; la posta in gioco è troppo alta per non correre anche qualche rischio. Non per il gusto della violenza o del conflitto ma per dare voce a chi non è rappresentato. D’altronde, non si dimentichi, che la violenza più crudele e massiccia è quella imposta sui poveri con leggi ingiuste e sfruttatrici, create ed avvallate dai vari G8 di turno e dai loro strumenti finanziari, come le banche e multinazionali, veri e propri sanguisughe della vita e del futuro dei poveri. Inoltre è importantissimo ricordare che la grandissima maggioranza di quelli che impropriamente vengono detti popolo di Seattle hanno chiaramente fatto l’ opzione non violenta. Il fare passare quanti obiettano alla logica del G8 come facinorosi e violenti è ingiusto e menzognero. Ricordo molto chiaramente i mesi di preparazione, in Kenya, alle elezioni del dicembre del 1997. Avevamo molti motivi per obiettare al regime in carica del 1963, e il governo non aveva di che difendersi. La risorsa diabolica fu di infiltrare i ragazzi del regime fra le file di coloro che organizzavano una opposizione decisa ma pacifica, per provocare violenza, sfasciare vetrine e incendiare macchine per screditare così l’ opposizione. Per istruirci sulla dottrina e il metodo non violento, invitammo dalle Filippine gli organizzatori della azione non violenta che rovesciò il dittatore Marcos nel 1986. I modelli della dottrina e metodologia dell’ azione non violenta sono Gesù, Ghandi, Martin Luther King, Albert Luthuli, Nelson Mandela, Rigoberta Menchù, ecc.. Anche i vescovi della Conferenza episcopale del Kenya parteciparono al corso sull’azione non violenta per aiutare le comunità cristiane ad evitare i due estremi della passività fatalistica che non reagisce e subisce tutto e della reazione violenta che aumenta le sofferenze dei poveri con distruzioni e morti. Ormai la scelta non violenta è chiarissima tra noi cristiani e fra la grandissima maggioranza del popolo di Seattle. Anche il catechismo della Chiesa cattolica, con il rifiuto definito della pena di morte, ha dato un grande impulso ai mezzi non violenti. Goteburg fu manipolata da circa, si dice, 700 facinorosi che, su 15.000 presenti, causarono caos. Non condividevano gli ideali e la metodologia di coloro che si sentivano impegnati ad aprire gli occhi del G8 sulla povertà del mondo. A Genova la metodologia non violenta ha avuto possibilità di rivelarsi ancora meglio attraverso le iniziative che abbiamo seguito in questi giorni, e che includono preghiera e digiuno. Anche da questo punto di vista, il G8 può iniziare un nuovo capitolo per il bene di tutti.

AUTORE: Francesco Pierli