Il gioco non vale la vita

L'interesse dello Stato si coniuga con la sete di guadagno del singolo

Sono circa 30 milioni gli italiani che, quasi ogni giorno, rincorrono la sorte puntando denaro in giochi e concorsi quali lotto, superenalotto, lotterie, pronostici, giochi a base ippica, bingo, ecc. Lo dice l’Eurispes, Istituto di studi politici economici e sociali, di Roma in uno studio che anticipa alcuni contenuti di un Rapporto la cui presentazione è prevista nei primi mesi del 2009. Italiani, quindi, popolo di ‘giocatori’. La terza industria italianaL’Eurispes spiega che il giro d’affari legato al mercato del gioco, in Italia, è uno dei più fiorenti al mondo: per il 2009 si stima, infatti, che gli introiti raggiungeranno i 50 miliardi di euro. Tra le constatazioni clamorose c’è quella che ‘l’industria del gioco si posizioni al terzo posto, dopo Eni e Fiat, in termini di fatturato prodotto’. È di quasi 39 miliardi di euro il giro d’affari complessivo del mercato dei giochi italiano per i primi dieci mesi del 2008; più del doppio rispetto al 2003, anno in cui l’incasso è stato di oltre 15 miliardi di euro. Il boom delle NewSlotL’Eurispes spiega che a farla da padrone sono soprattutto le cosiddette NewSlot che hanno rimpiazzato i vecchi ‘video-poker’. Per queste macchine il totale delle entrate dal 2003 ad oggi è cresciuto da 367 a 17.282 milioni di euro. Le 320.000 NewSlot installate in Italia trovano collocazione in 100.000 esercizi pubblici e, nel 2007, hanno portato nelle casse dello Stato 2,2 miliardi di euro. Ci lavorano all’incirca 6.000 imprese di noleggio e manutenzione che coinvolgono, compreso l’indotto, circa 80.000 addetti. In crisi solo i cavalliIl mercato dei giochi – spiega ancora l’Eurispes – è trainato anche dalle lotterie tradizionali e istantanee che, con i ‘Gratta e vinci’, stanno attraversando un periodo di vero boom e dalle scommesse sportive, mentre i giochi a base ippica hanno subìto negli ultimi cinque anni un calo notevole. Gioco incentivato dallo Stato ‘Il Paese si butta nel gioco favorito dallo Stato, anzi incentivato, stimolato perché in questo modo lo Stato fa cassa. La cosa non mi sembra buona’, commenta Mario Pollo, docente di pedagogia sociale alla Lumsa (Libera Università Maria Ss. Assunta) di Roma. ‘L’aumento del gioco d’azzardo in momenti di crisi e anche di bilanci magri per le famiglie a fronte di introiti limitati, col potere d’acquisto eroso sempre di più, indica che le persone cercano la ‘otta di fortuna’che può cambiare la vita; o magari soltanto la piccola vincita per qualche spesa in più. Mi sembra la via meno evoluta per cercare di affrontare i problemi economici. È una via tipicamente pauperistica, in presenza di messaggi che dicono che se si vuole salvare l’economia bisogna sempre più consumare e spendere’. Le cifre sono rilevanti e impressionano. Come valutare il fenomeno? ‘Qui entra in gioco il secondo aspetto: per molte persone il gioco si è trasformato in una dipendenza. Saranno pure una minoranza i giocatori accaniti, però si evidenzia la presenza di una ‘gambling addiction’ piuttosto diffusa, quel gioco compulsivo con cui si sono bruciati patrimoni personali, familiari, che ha messo in crisi le relazioni dentro le famiglie o il rapporto di lavoro. Questa forma di ‘addiction’ ha effetti distruttivi, come la dipendenza da droghe’. Quindi, a suo avviso, è la società intera ad avere preso una via sbagliata… ‘Il fenomeno indica una patologia sociale: se io debbo cercare la sicurezza del mio futuro attraverso l’azzardo, ciò vuol dire che rinuncio ad una mia progettualità, a una capacità di intrapresa e di socializzazione. Da un punto di vista sociale mi sembra un fatto regressivo. Una società che punta sul gioco non ha capacità di intrapresa e non è in grado di trasformare i momenti di crisi in una occasione di cambiamento e di crescita. Spera solo nel ‘iracolo’che di colpo cambi la vita. ‘.

AUTORE: Luigi Crimella