Il limite del diritto internazionale

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Molti si sono scandalizzati perché il nostro Ministro degli Esteri, intervistato sulla questione palestinese, ha detto fra l’altro che il diritto internazionale è, sì, importante, «ma fino ad un certo punto». Ma non c’era motivo di scandalizzarsi, non stava dicendo che siamo pronti a violarlo secondo i nostri comodi. Stava dicendo che l’efficacia del diritto, come strumento di pace, è limitata. E che le cose stiano così è sotto gli occhi di tutti. Non solo nei rapporti fra gli stati, ma anche in quelli fra le persone private. Perché il diritto funzioni veramente bisogna che ci siano la buona volontà e la buona fede di tutte le parti interessate.

Chiunque viva in un condominio lo sa. Ovviamente non tutti i condomìni, come non tutte le famiglie, sono in lite; ma quando, fra condòmini o fra parenti, le liti ci sono, sono inestinguibili e si prolungano attraverso le generazioni. E il diritto ci può fare poco. Puoi vincere la tua causa in tutti i gradi, Cassazione compresa, ma il tuo avversario continuerà a pensare di avere ragione lui e troverà il modo (legale) di renderti difficile la vita. Potrai liberartene, se va bene, solo cedendogli qualche cosa cui non avrebbe diritto. Se questo è vero nel diritto privato – cioè nei rapporti fra le persone – tanto peggio sarà nel diritto internazionale.

Perché il diritto privato è protetto dall’autorità dello stato, con le sue leggi, i suoi tribunali, i suoi carabinieri, e se occorre le sue prigioni; mentre il diritto internazionale non ha nulla di tutto questo, anche se ci prova. Esiste da qualche anno una Corte penale internazionale, che però è riconosciuta da alcuni stati e da altri no. Fra questi ultimi: Stati Uniti, Russia, Cina, Israele, Iran, India, Turchia. Questa Corte ha messo sotto processo, come imputati di crimini contro l’umanità, Putin e Netanyahu, e ne ha ordinato l’arresto; ma loro se la ridono. Insomma: dire che il diritto internazionale vale solo fino ad un certo punto, è una espressione fin troppo benevola. Ci salva solo la diplomazia, che è l’arte del compromesso, delle concessioni reciproche; quindi presuppone che da una parte e dall’altra si sia disposti a cedere qualche cosa, ma senza farlo capire prima, che cosa e quanto si è disposti a cedere. In giro ne vediamo ben pochi, di capaci in questa arte.

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