Il Marco Polo con il saio

Tradotto per la prima volta in lingua mongola Giovanni da Pian di Carpine

Lunedì 5 marzo, presso l’aula magna dell’Università per Stranieri di Perugia, si è tenuta la presentazione del libro di Giovanni da Pian di Carpine Historia Mongalorum, tradotto per la prima volta in mongolo da Nayamaa Lkhagvajav. Ha presieduto il professor Cacciaglia e sono intervenuti il prof. Menestò, padre Messa, mons. Giuseppe Chiaretti, Lamberto Guerrer, Massimo Alunni Proietti e Silvano Rometti. Attuare questo passaggio dall’italiano al mongolo ha significato per la traduttrice rendere fruibile al grande pubblico del suo Paese, per la prima volta in 800 anni, uno dei primi resoconti del contatto tra i due mondi dell’Oriente e dell’Occidente che nel 1200 cominciavano a conoscersi. Come ha riportato la stessa Nayamaa Lkhagvajav, in Mongolia questa opera è stata molto apprezzata sia dagli studiosi che dalla gente comune, a sottolineare il gran merito del suo lavoro e la bontà originale del manoscritto di fra’ Giovanni da Pian di Carpine. Ovviamente questa occasione ha rappresentato un ulteriore momento per ribadire la assoluta portata storica (è stato il precursore dei viaggi di Marco Polo) e religiosa di questo umile frate minore, originario della zona di Pian di Carpine, più o meno dove oggi si trova Magione, e fra i primi seguaci di san Francesco d’Assisi. Il suo viaggio iniziò per volontà del Pontefice Innocenzo IV, il quale, per difendere la cristianità dalla minaccia dell’invasione dei mongoli, nel Concilio ecumenico di Lione del 1245 decise l’invio di due ‘ambascerie’ all’imperatore mongolo, una composta di cinque frati domenicani e una di tre francescani, cioè Benedetto di Polonia, Stefano di Boemia e fra’ Giovanni da Pian di Carpine. La missione di fra’ Giovanni prese avvio il 16 aprile del 1245, iniziando l’itinerario verso la capitale tartara Karakorum, che raggiunse il 22 luglio dell’anno successivo, attraversando, a dorso d’asino, un mondo completamente sconosciuto. Dopo inenarrabili stenti (non aveva cibo e si abbeverava solo con la neve sciolta), giunse alla corte dell’imperatore Gengis Khan che, nel frattempo, era deceduto, per cui fu necessario attendere un mese per l’incoronazione del successore, il figlio Guyuk, feroce non meno del padre, al quale Giovanni presentò le credenziali ed il messaggio di pace del Papa. Commentando il suo profilo spirituale, padre Pietro Messa sottolinea: ‘Aveva fatto proprie tante idee di san Francesco, prima fra tutte la profonda umiltà. Contrariamente a Francesco, assunse degli incarichi dentro la Chiesa, sia come legato pontificio, sia come Vescovo. La sua è la storia dell’Ordine dei frati minori, che partirono in umiltà e divennero l’Ordine più potente, con i Domenicani. La forza di fra’ Giovanni fu quella di mantenere sempre un atteggiamento di minorità. L’Ordine riconosce in lui un esempio di vita da seguire. Fra’ Giovanni può essere tratteggiato come una identità cortese, una identità dialogante; il suo esempio, come quello di altri confratelli, rappresenta la possibilità di dialogo, della comunicazione, dell’incontro’.

AUTORE: Martino Bozza