Il padre invisibile del Concilio

Esce il volume “Una ragionevole fede. Logos e dialogo in John Henry Newman” dedicato al pensiero del grande teologo

Un modello di pensiero “bellissimo e di enorme attualità”, quello di John Henry Newman. Ne è convinto mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano, intervenuto il 29 ottobre all’Università Cattolica di Roma alla presentazione del volume Una ragionevole fede. Logos e dialogo in John Henry Newman (cur. Evandro Botto – Hermann Geisler, ed. Vita e Pensiero), che raccoglie gli Atti dell’omonimo convegno internazionale dello scorso marzo.

“In rapporto all’odierno scenario culturale – ha detto Semeraro – il modello offerto da Newman è quello di una fede pensata e vissuta, protesa a rendere ragione di se stessa; e pure di una ragione in tutto e per tutto aperta e disponibile all’accoglienza, comprensione e condivisione della verità ovunque essa si manifesti e da qualsiasi parte provenga”.

Citando Tommaso d’Aquino, mons. Semeraro ha rammentato che “la verità è punto di partenza per il dialogo con chiunque”. Circa il rapporto fede-ragione, il vescovo ha richiamato l’udienza generale di mercoledì 28 ottobre, nel corso della quale, riferendosi ai teologi scolastici del XII secolo fra cui spiccano l’Aquinate e Bonaventura da Bagnoregio, Benedetto XVI li ha descritti come “uomini colti, appassionati della ricerca; dei magistri desiderosi di mostrare la ragionevolezza e la fondatezza dei misteri di Dio e dell’uomo, creduti con la fede, certo, ma compresi pure dalla ragione”.

“Di Newman – ha affermato ancora mons. Semeraro – è detto che è stato uno dei ‘padri invisibili’ del Vaticano II”. Secondo Semeraro, “i collegamenti col magistero di quel Concilio sarebbero più d’uno”. Si potrebbe pensare, ad esempio, all’articolo Sulla consultazione dei fedeli in materia di dottrine; scritto che, nato “come chiarimento di una frase che agli orecchi degli oppositori di Newman suonò come ereticale, ha il suo giusto contesto nel pensiero ecclesiologico”. L’intuizione fondamentale, dice il vescovo, “riguarda il sensus fidei, di cui scriverà il Vaticano II in Lumen gentium: è l’istinto sapienziale della fede per cui anche il laico (ma Newman parla sempre di ‘fedeli’) all’interno della comunità è testimone della Tradizione.

L’ascolto dei fedeli anche in materia dottrinale – prosegue il vescovo – è per Newman come l’ascolto del battito di fede del cuore della Chiesa”. Per questo egli rileva che “l’Ecclesia docens è certamente più felice quando si circonda di fedeli convinti ed entusiasti, che non quando si accontenta, da essi, solo di una fides implicita nella sua parola. Una cosa questa, aggiunge Newman con realismo psicologico, che nelle classi colte finisce per diventare indifferenza e in quelle umili superstizione”.

“La Chiesa è, secondo Newman, la realtà della rivelazione che ha la sua pienezza in Cristo e si sviluppa nella sua trasmissione storica attraverso i secoli”, prosegue mons. Semeraro, per il quale il secondo capitolo della costituzione dogmatica Dei Verbum contiene “effettivamente richiami sufficientemente chiari al pensiero di Newman. Per esempio nel concetto di Tradizione viva della Chiesa” che, “per dirla in breve, è la vitalità dell’Evangelium Christi nella Chiesa, è la memoria viva che la Chiesa ha del suo Sposo, Cristo. Essa è, si potrebbe anche dire, la ‘coscienza della Chiesa’ e proprio per questo aspetto il pensiero di Newman è di singolare fecondità”.

La Chiesa, in ogni caso, “non si limita ad avere coscienza di sé – sono ancora parole di mons. Semeraro – ma custodisce e realizza la memoria viva di ciò che ha ricevuto e di cui lo Spirito di Cristo rinnova in lei la presenza e il vigore”. Lo stesso Newman “farà ricorso alla metafora del fiume in rapporto alla sua sorgente: è ben vero che un fiume non può risalire oltre la sua sorgente, ma non è affatto scontato che un fiume sia più limpido presso la sua sorgente! È come dire che anche nella Chiesa il progresso della Tradizione è criterio della sua autenticità”.

Con il riconoscimento, dichiarato il 3 luglio 2009, “di un miracolo attribuito al servo di Dio – ha infine rilevato mons. Semeraro – il processo di beatificazione del card. Newman, iniziato nel 1958, ormai è giunto a conclusione”.