Il Premio San Rocco sarà assegnato all’Istituto Serafico

Per la dedizione dimostrata nel seguire i ragazzi con gravi minorità

Nella mattinata di giovedì 10 aprile, presso il prefabbricato in via San Rocco si è tenuto un incontro con alcuni membri dell’équipe dell’istituto Serafico di Assisi, al quale, in giugno verrà consegnato il “Premio San Rocco”. L’assegnazione del premio è stata decisa in base alla dedizione sempre dimostrata nel seguire ragazzi con gravi minorità e per l’operosa ricerca di nuove tecniche e tecnologie educative, come nella filosofia del premio che si distingue per lo sguardo attento nei progressi scientifici in campo umano e nell’ambito della solidarietà. La conferenza è stata presieduta da don Francesco Fongo, parroco di Bastia, da Enzo Filippi presidente del comitato San Rocco e da Guido Iacono presidente dell’Istituto Serafico di Assisi. Numerosa la presenza delle scuole superiori di Bastia. Proprio ai giovani delle scuole “che conoscono la gioia di essere sani e che sono all’aurora dell’esperienza umana” è stato chiesto di accogliere il contributo di questa manifestazione per perpetrare le opere di umanità e per condurre un dialogo di uguaglianza. L’approccio di esplicazione è stato volontariamente di tipo tecnico scientifico e condotto da specialisti tra i migliori in Umbria. Minni, direttore sanitario dell’Istituto Serafico, ha posto l’accento sulla valorizzazione delle qualità di un pluriminorato, sostenendo che sempre, in ogni caso, per ogni persona è possibile un miglioramento. Su questo punto ha insistito anche la dott.ssa Marchionni, neuropsichiatria, spiegando come pure gli handicappati possiedano sinapsi sulle quali è possibile lavorare e migliorare individuando un metodo e una lingua diversi, “costruendo informazioni per accedere alla loro vita. Siamo tutti coinvolti e tutti potremmo divenire disabili”. Gianfrancesco Sculco, dirigente scolastico della scuola Speciale Statale annessa all’Istituto Serafico, ha inquadrato la sua riflessione sul posto occupato oggi dalla pedagogia speciale tra scienza e sperimentazione scolastica, attraverso condensate considerazioni lapidarie. La pedagogia speciale evidenzia la didattica differenziata e le tecniche speciali per insegnare. “Noi svolgiamo una parte che poi deve essere continuata da tutta la società. Le istituzioni dovrebbero adoperarsi per eliminare lo svantaggio, poiché eliminando lo svantaggio si elimina l’handicap”. La scuola e la sanità studiano i Pei, cioè i Piani educativi individualizzati per ogni singolo alunno, forgiando un ambiente educativo che aggiri l’ostacolo per condurre all’apprendimento. L’obiettivo “è fare sviluppare nei nostri alunni tutto ciò che la natura nei nostri bambini costruisce automaticamente”. Marina Menna, fisiatra, ha parlato della riabilitazione clinica nella disabilità grave, sostenendo l’impossibilità di codificare modelli riabilitativi. La tipologia dei ragazzi del Serafico è varia: l’età è considerata tra i 6 e i 30 anni, provengono da 14 regioni d’Italia e hanno patologie prenatali o genetiche e condizioni di disabilità gravissime. Queste le riabilitazioni per loro: terapia motoria; l’idrokinesiterapia, cioè movimento terapeutico in acqua; la logopedia, cioè l’intervento sulla comunicazione verbale e non (gestualità, pittogrammi, uso del computer), terapia per deficit uditivi, per deficit di deglutizione e masticazione; la terapia psicomotoria, musicoterapica, ippoterapia, educazione al lavoro( si pongono le basi per lavorare in ambito protetto, il Serafico, o in tessuto sociale). Il dott. Lanfaloni, psicologo, ha supportato la tesi del recupero e delle potenzialità di sviluppo: questi giovani sono come bambini, vivono cioè come in un’età in cui è possibile il recupero. I deficit non sono una semplice somma ma “complesse difficoltà. La persona non va considerata solo nei danni ma nella sua interezza”. Fondamentale è il rapporto con l’educatore che è ponte per il mondo e mediazione con le altre figure specialistiche e con la famiglia, che l’istituto prende in carico globalmente, non potendo seguire il soggetto senza considerare la rete totale di protezione; esso ne è referente primario e la segue nel territorio di provenienza. La testimonianza di una mamma di Brescia che ha raccontato la storia di suo figlio ha infine tradotto in un approccio più emotivo la grande opera scientifica ed umana del Serafico.

AUTORE: Simona Marchetti