Il Regno cresce. Basta poco

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini XI Domenica del tempo ordinario - anno B

La liturgia di questa domenica si sviluppa attorno al tema del regno di Dio, che Gesù annuncia parlando in parabole. “Parlare in parabole”, in buona sostanza, è quanto dire: esprimersi per enigmi, metafore, approssimazioni. Prima di Gesù lo fecero i profeti dell’Antico Testamento. Era anche il metodo consueto dell’insegnamento dei maestri di Israele.

Il tema del regno di Dio del resto è così ampio, molteplice, misterioso, che non è possibile avvicinarlo se non per mezzo di immagini. La conclusione della lettura evangelica lo dichiara in maniera esplicita: “Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere”. Vale a dire, secondo le capacità dell’uditorio e la complessità dell’argomento.

Marco oggi ne riporta due, che parlano di due aspetti del regno di Dio: la prima sottolinea che la crescita del seme è del tutto indipendente dal seminatore; la seconda esprime lo stupore per la sproporzione tra le piccolissime dimensioni di un granello di senape seminato sul terreno e la grandezza della pianta che esso genera.

La prima parabola ha per protagonista un contadino che semina la semente sul suo terreno e poi se ne va, senza preoccuparsi d’altro. Il tempo passa, i giorni si succedono, come ogni altro uomo al mondo egli dorme, veglia; intanto il seme, a sua insaputa, germoglia, cresce rigoglioso e rende visibile il tempo che viene. Per il seminatore l’avvenimento è incomprensibile, miracoloso; non sa spiegarselo. La terra dà frutti da sola, senza una causa visibile; la crescita della semente è un miracolo di Dio. Quando il frutto è maturo, egli mette mano alla falce per la mietitura. Così – dice Gesù – accade con il regno di Dio. All’inizio Qualcuno semina la Parola. Essa si radica in coloro che la ascoltano, germoglia, cresce, si sviluppa, matura. Come è potuto accadere che la vita di quelli che hanno ascoltato è cambiata? Eppure il predicatore forse era un poveretto, da cui non c’era da aspettarsi molto. Non solo, spesso è cambiata la vita di un paese, di un ambiente culturale, di una civiltà.

La forza non risiede nella voce o nell’intelligenza o nelle capacità organizzative del predicatore, ma nella forza divina racchiusa nel seme. La parabola insegna anche che il discepolo non deve angosciarsi della pochezza delle sue forze, ma, a somiglianza del contadino, è chiamato unicamente a essere spettatore dell’opera di Dio.

Nella seconda parabola il contadino non c’è più; compare solo un granello di senape seminato. Chi lo ha visto sa che è piccolissimo, qualche volta quasi microscopico. Anche quello viene deposto nel terreno e ha inizio una storia, che qui non viene raccontata; è presupposta. Si dice solo che cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto.

L’attenzione del narratore è attratta dall’ampiezza dei rami, che diventano rifugio ospitale per gli uccelli del cielo. C’è un’evidente sproporzione tra gli inizi oscuri, quasi invisibili, della semina e lo sviluppo finale di quel granello. L’immagine degli uccelli che vi trovano posto per nidificare alla sua ombra allude alle molte realtà storiche che troveranno una casa all’ombra del regno di Dio. Tutti abbiamo assistito al verificarsi di cose simili nella Chiesa: realtà associative, dagli inizi apparentemente insignificanti, che a macchia d’olio si sono estese al di là di ogni aspettativa.

La profezia di Ezechiele, proposta come prima lettura liturgica, allude alla vicenda storica del regno di Dio. Le immagini sono molto vicine a quelle dei Vangeli: si parla di un ramoscello tolto dalla cima di un cedro e piantato sopra un alto monte, ci sono i grandi rami, rifugio per gli uccelli. Anche questa è una parabola: essa sta raccontando un momento della storia di Israele, contemporanea al profeta.

Il cedro rappresenta la discendenza di Davide, da cui Dio prende personalmente un ramoscello per piantarlo sul monte di Gerusalemme. Esso diverrà un albero gigantesco, magnifico, alla cui ombra si ripareranno tutti gli uccelli e ogni altro volatile. Il ramoscello raffigura il Messia, discendente di Davide, Gesù, fondatore di un Regno universale, in cui troveranno riparo e potranno prosperare tutti che loro che riconosceranno incondizionatamente la sovranità del Signore.

Tutti gli alberi della foresta, costretti a stupirsi dell’accaduto, rappresentano tutti coloro che se ne sono sottratti e lottano contro. Essi sperimenteranno sulla propria pelle che Egli ha il potere di innalzare l’albero basso e il potere di abbattere quello alto; e che non c’è nessun altro Onnipotente al di fuori di Lui.

 

AUTORE: Bruno Pennacchini Esegeta, già docente all'Ita di Assisi