Il terrorismo è il nazismo del XXI secolo

Pensavamo che gli orrori del secolo appena concluso appartenessero ad un passato non più ripetibile e che la lezione dell’olocausto avesse per sempre vaccinato contro i mostri che nascono dal “silenzio della ragione”. Non è vero: il terrorismo, così come si presenta oggi, è il nazismo del Ventunesimo secolo e non sarà facile cancellare la sua ombra dalle nostre vite quotidiane. E questo terrorismo è la ripresa in forma nuova della logica nazista perché: a) Considera il mondo con la mentalità delirante di chi lo vede diviso nettamente tra un Impero del bene e un Impero del male, in questo caso la civiltà occidentale, da distruggere con tutti i mezzi. Non contano, in tale ottica, le persone, le loro esistenze, la loro dignità; esse sono mezzi per la realizzazione del disegno di lotta contro il Male supremo: sono mezzi le vittime, meri numeri della contabilità del terrore da esibire come testimonianza del successo delle azioni distruttive compiute, sono mezzi quanti vengono scelti come carnefici, che si auto-immolano per la Causa. b) Non ha come fine nessun obiettivo concreto e determinato, per esempio la soluzione dei tanti problemi dei paesi su cui pesa l’incubo del sottosviluppo o dei conflitti che lacerano molte zone del pianeta. Ciò a cui mirano non è comprensibile con nessuna misura razionale: è unicamente la proiezione di una fissazione paranoica, per cui la terra va liberata da chi si ritiene nemico dei valori supremi che si crede di rappresentare. d) Non tollera ciò che è diverso, ciò che è incompatibile con i propri principi, ciò che non rientra nei canoni della Verità di cui ci si crede i soli portatori. Per questo considera tutto il mondo in un perenne stato di guerra, che non finirà finché il Nemico non sarà abbattuto del tutto. Non ci dobbiamo meravigliare che il terrorismo attuale non faccia differenza tra civili e militari. Dal suo punto di vista è sufficiente far parte del mondo occidentale per essere considerato un nemico oggettivo, anche se non esiste nessuna colpa specifica da attribuire alle vittime, adulti, vecchi, bambini: la vere e sola Colpa è essere diversi, riconoscersi nei principi della civiltà liberale e democratica, essere “infedeli”. e) Contro questa follia non serve portare argomenti razionali: chi ne è affetto ha già deciso tutto prima che noi possiamo semplicemente cominciare a parlare con lui. Vive in un mondo a parte in cui conta unicamente la sua immaginazione patologica basata sull’idea di una gigantesca trama universale ordita contro l’Islam e in cui nessun fatto concreto conta, nessun invito a riflettere, nessuna mano tesa, nessun dialogo. Cosa deriva da tutto ciò? Direi quanto segue. Rispetto al terrorismo, ma anche alle sue matrici ideologiche, radicate in questa profonda avversione ai principi della civiltà democratica (avversione che ha fatto e fa molti proseliti pure in movimenti nostrani, da cui anche recentemente sono venute “dichiarazioni di guerra” contro questa civiltà) non si può stare a metà strada: o di qua o di là. E chi, anche all’interno dei nostri paesi, usa, pur solo in parte, le loro categorie mentali, deve sottostare alla condizione minima di ogni società democratica: chi non accetta di tollerare gli altri e di usare la parola anziché la violenza va perseguito come la legge prescrive. Questo significa che ogni tentativo di giustificare il terrorismo da cui è nato l’attentato a New York, qualsiasi forma assuma, va respinto, così come va condannato, d’ora in poi senza attenuante alcuna, ogni accenno a simpatizzare, non solo nei fatti ma anche nelle parole, con esso. E’ tempo di prendere sul serio chi dichiara guerra al nostro sforzo di costruire una società pacifica, tollerante, pluralistica ( e inevitabilmente fallibile) ed è tempo di stabilire dei paletti fermi al dialogo, che vale solo con chi ne accetta previamente le regole. Come ammoniva Popper, quando una democrazia è debole verso i suoi nemici, interni ed esterni, è destinata a soccombere: e oggi tutto il mondo, tutte le istituzioni, ogni singola persona, devono sentirsi impegnati nella lotta contro questa minaccia, che non va a un paese specifico ma alla civiltà libera. Giustificare quanto è accaduto, per esempio, richiamandosi alle condizioni politiche di certe parti del mondo e alle tensioni che le contraddistinguono, significa non solo non aver capito la natura di tale terrorismo -i cui protagonisti sono i primi a non essere minimamente interessati a queste questioni, che appaiono futili dinanzi al loro disegno, che è nientemeno di salvare il mondo dal Male assoluto che la nostra civiltà rappresenta ai loro occhi-, ma anche essere, in vari gradi e talvolta inconsapevolmente, conniventi con esso. Non è più tempo di ammiccare ambiguamente, di dire “sì, è orribile, ma…”, di ragionare con riserve mentali più o meno esplicitate; è tempo invece di mobilitare ognuno di noi contro la minaccia che incombe sui valori per i quali, come ricordava il Presidente della repubblica Ciampi, 52 milioni di uomini sono morti combattendo a causa del nazismo. Le nostre società continueranno ad aprire le porte ai rappresentanti di altre culture, a praticare il dialogo con chi ci crede, a ospitare il diverso; ma da oggi in poi dovranno saper discriminare meglio di quanto non abbiano fatto fino ad ora, nelle politiche dei governi, nelle sedi sovranazionali, così come nei loro comportamenti quotidiani, tra chi intende convivere, rispettato nella sua differenza, in pace con gli altri e chi al contrario, nei modi più diversi, strumentalizza le garanzie della libertà per distruggere quello che in tante generazioni, da questa parte del mondo, si è cercato di costruire, a partire dall’accettazione della democrazia, in difesa della dignità della persona. Non sono d’accordo con quanti dicono che dall’ 11 settembre la storia del mondo cambierà totalmente; credo invece sia più giusto affermare che le nostre società democratiche saranno chiamate a vivere con più coerenza gli ideali cui si ispirano, tra i quali non c’è mai stata l’accettazione o la tolleranza della violenza e tanto meno la debolezza contro chi, terrorista o non terrorista, la usa o la propaganda o la giustifica come mezzo politico.

AUTORE: Roberto Gatti