Mons. George Bugeja non è un eroe. È semplicemente un vescovo che vive tra la sua gente le trepidazioni quotidiane per una situazione sociale e politica che rischia di trasformarsi nell’ennesima guerra civile della storia recente della Libia. Nello stesso tempo mons. Bugeja cerca di alimentare i palpiti di speranza di un popolo che chiede pace.
È il vicario apostolico di Tripoli e lo incontro al Meeting per il Mediterraneo organizzato a Palermo dall’Ordine Francescano Secolare della Sicilia. Francescano a sua volta, vive una condizione assai difficile: ogni gesto del suo ministero potrebbe essere considerato proselitismo ed essere denunciato secondo le leggi vigenti per cui l’Islam è la religione di Stato.
Racconta di due libici che si erano uniti ad un gruppo pentecostale proveniente dagli Usa e che sono stati condannati a 15 anni di carcere per essersi convertiti. Il popolo dei fedeli di mons. Bugeja è formato da filippini che abitano in Libia e da immigrati subsahariani. A rendere difficile la vita dei libici è l’azione delle milizie armate e, ancor di più, gli appetiti esterni alla Libia che, come in un gioco d’azzardo, puntano sull’uno o sull’altro dei contendenti per assicurarsi corridoi privilegiati nel commercio di petrolio e per appaltare al meglio il “lavoro sporco” con i migranti. Non si tratta di un semplice dossier ma del destino di più di 7 milioni di abitanti e del ruolo chiave che questa nazione è chiamata a svolgere nell’Africa mediterranea.